Omicido Carol, il figlio: “Ho paura di non ricordare più il suo viso” foto

Durante il processo in corso a carico di Davide Fontana, reo confesso dell'omicidio della 26enne, la testimonianza della psicoterapeuta che segue il figlioletto di 6 anni della vittima.

Verona. Agli amici a scuola dice che la sua mamma non c’è più e la sua paura più grande, da bimbo di soli 6 anni, è quella di non ricordarsi più il suo volto.
E’ il figlio di Carol Maltesi, la 26enne italo-olandese uccisa e fatta a pezzi nel gennaio di quest’anno dal suo vicino di casa, il 43enne bancario Davide Fontana, alla sbarra per l’omicidio e l’occultamento di cadavere della donna, conosciuta nell’hard web, sulla piattaforma Only Fans, e per la quale l’uomo aveva deciso di interrompere il proprio matrimonio e recarsi a vivere accanto a lei in un appartamento a Rescaldina, nel Milanese.

Come riporta il dorso veronese del Corriere, le conseguenze della perdita della giovane mamma segneranno per sempre il piccolo che vive in provincia con il padre ed i nonni paterni, coccolato e protetto ancora di più dopo questa tragedia.
La famiglia è molto attenta a far sì che il bambino non ascolti e veda la televisione per timore che possa sentire le notizie sulla drammatica vicenda che riguarda la madre, descritta dall’ex compagno e dai  “suoceri” come una mamma amorevole e presente, sempre pronta a seguire il bambino in nuove avventure ed esperienze che, di fatto, sono rimaste impresse nei ricordi del piccolo, come il viaggio a Parigi effettuato prima della tragedia. Tutti i familiari del bambino sono concordi nel restituire il ritratto di una ragazza amorevole, paziente e sorridente nei confronti del bambino e che era rimasta in buoni rapporti con l’ex compagno tanto da progettare un avvicinamento a Verona, una scelta che potrebbe essere stata all’origine della furia omicida che Fontana ha scagliato sulla 26enne, timoroso che la giovane potesse abbandonarlo.

carol Maltesi con il figlio

Carol era già stata a visitare un appartamento nel veronese a fine 2021, poi, da gennaio, il silenzio: solo qualche messaggio e nessuna telefonata al figlioletto. Si scoprirà poi che quei messaggi venivano scritti dallo stesso assassino con l’obbiettivo di far credere che Carol fosse ancora viva.
Un silenzio che aveva insospettito il papà del bambino soprattutto quando la donna non aveva chiamato per fare gli auguri al figlioletto, nè si era presentata, come era solita fare, alla festa di compleanno in famiglia. Non avrebbe potuto esserci perchè Fontana l’aveva giù uccisa, a martellate in testa, finendola con una coltellata alla gola, quindi tagliandone a pezzi il corpo, poi gettato in un dirupo nel bresciano, a Borno.
Una verità atroce che, un giorno, il figlio verrà a conoscere, con conseguenze psicologiche inimmaginabili, ma che la psicoterapeuta che sta seguendo il bambino, la quale ha testimoniato in aula nell’udienza che si è svolta lunedì 12 dicembre a Busto Arsizio, sebbene non propriamente definibili in termini materiali, si possono quantificare in un milione di euro come risarcimento danni.
Una somma che, di fatto, non ha alcun valore per una mamma ed un bambino che, ora, possono incontrarsi ed abbracciarsi solo nei sogni.

 

 

 

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di QuiBrescia, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.