Evasione fiscale in tutta Italia, la “regia” nel Bresciano

Diciotto le persone finite in manette nella mattinata di lunedì nel corso di una vasta operazione di contrasto alle società "cartiere". 13 mln di euro i beni sequestrati.

(red.) Dalle prime ore della mattinata di lunedì 13 settembre, in tutto il territorio nazionale, 150 carabinieri del Comando Provinciale di Brescia stanno eseguendo una misura cautelare (coercitiva, interdittiva e patrimoniale) nei confronti di numerose persone ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e/o di appropriazione indebita al fine di agevolare alcune società nella sistematica evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e conseguente “trasferimento fraudolento di valori”.

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Sono state anche accertate e contestate condotte relative alla detenzione ai fini dello spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti (hashish e cocaina).

Contestualmente, i militari stanno eseguendo sequestri preventivi di beni mobili e immobili per un ammontare complessivo pari a circa 13.000.000 (tredici milioni)di euro.

Diciotto le persone finite in manette questa mattina nell’ambito di un’inchiesta del sostituto procuratore Roberta Panico della Direzione distrettuale antimafia e che ha interessato le province di Brescia, Milano, Bergamo, Mantova, Lodi, Alessandria, Novara, Varese, Parma, Piacenza.
Sono stati sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili sequestrati, le quote societarie di quattro imprese, una villetta a Chiari nel Bresciano, quattro in provincia di Brescia, Milano e Bergamo, 7 autorimesse, un magazzino commerciale, due terreni in provincia di Brescia e 250 conti correnti in Italia.

L’indagine, denominata “Sweet water”,  trae origine dal sequestro di 31 kg di hashish e dall’arresto di tre pregiudicati, avvenuto il 22 luglio 2018 a Rezzato, nel bresciano.

Il successivo sviluppo investigativo, avviato nell’ottobre 2018,  ha consentito di individuare un’ associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale.

È stato anche individuato sodalizio criminale, con ramificazioni internazionali, finalizzato all’importazione di hashish e cocaina dalla Spagna, destinate destinati alla piazza bresciana.

Il mandante della partita di droga è stato identificato in Massimo Labinelli, pregiudicato bresciano, residente in Spagna.     

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Un altro pregiudicato, Giovanni Bertozzi, con la collaborazione di Bruno Claudio Marzoli, è ritenuto promotore e coordinatore di un’ organizzazione dedita all’evasione fiscale ed alla monetizzazione tramite conti correnti esteri di ingenti somme di denaro, grazie alla fondamentale complicità di un esperto contabile tributarista, Giuseppe Familiari. Quest’ultimo, infatti, grazie ad un commercialista compiacente ed altri complici italiani e stranieri, aveva realizzato un articolato schema delittuoso basato sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti, che consentiva all’intera organizzazione di trasferire somme di denaro, nei soli anni contabili 2018-2019, per oltre 32milioni di euro  (32.407.162,07).

Il progetto criminale consisteva nella costituzione di temporanee società “cartiere” fittiziamente intestate a consapevoli e retribuiti “prestanome”, mediante le quali venivano emesse plurime fatture per operazioni inesistenti, del valore anche di centinaia di migliaia di euro, in favore di società compiacenti realmente esistenti e regolarmente operative nel settore dell’edilizia, della lavorazione tessile o dei metalli.

Queste ultime, alla ricezione della concordata falsa fattura, disponevano un’equivalente bonifico all’indirizzo del conto corrente della “cartiera” al duplice fine di attribuire una parvenza di liceità all’operazione commerciale in realtà solamente simulata e di ottenere così il trasferimento delle somme di denaro.

Non appena ricevuto il pagamento sul conto delle “cartiere”, gli indagati inviavano le medesime somme in conti correnti esteri (in Francia, Ungheria, Bulgaria e Cina), gestiti da Maurizio Merlo, con la collaborazione dei due figli, Francesco e Luca, e intestati a società compiacenti che, attraverso la complicità di un cittadino cinese, monetizzavano il denaro con prelievi di contante, restituito agli indagati che, a loro volta, lo riconsegnavano agli amministratori delle società realmente operative che avevano incassato la fattura fittizia e disposto il primo bonifico (ovviamente al netto del prezzo del reato stabilito complessivamente attorno al 7% di ciascuna falsa fattura emessa e pagata).

Così facendo, ossia simulando spese in realtà mai sostenute (poiché il denaro trasferito veniva poi restituito), le società realmente operative coinvolte nell’attività illecita, oltre a disporre di ingenti somme di denaro contante di provenienza illecita, ottenevano l’erosione della propria base imponibile ai fini delle imposte sul reddito, funzionale ad una consistente evasione fiscale (sia di imposte dirette che indirette).

Il successivo sequestro delle scritture contabili, disposto dall’autorità giudiziaria nei confronti di tutte le imprese coinvolte, ha confermato il quadro investigativo emerso nella prima fase, consentendo di meglio delineare le diverse responsabilità penali in capo a ciascun indagato e quantificare l’evasione fiscale per un importo di molto superiore ai 9 milioni di euro per il solo anno 2018 e parte del 2019.

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