Baby prostituzione, ecco il “tariffario”

Secondo la polizia locale di Montichiari, i filmati e foto scattate durante i rapporti sono l'accusa più grave. "Ma dove sono le famiglie?"

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Montichiari(red.) Dai 10 ai 20 euro per ricaricare il cellulare, oppure una banconota da 50 euro a prestazione avvenuta, pranzi come “compenso” o, ancora, 100 euro per palpeggiamenti. Sono i presunti “tariffari” emersi giovedì 17 marzo al comando della polizia locale di Montichiari, dove è stata presentata la nuova serie di arresti per prostituzione minorile. L’inchiesta, coordinata dalla procura di Brescia tramite il sostituto Ambrogio Cassiani, è seguita alla prima attività d’indagine scattata a gennaio, quando un minore venne sorpreso in atteggiamenti intimi con un adulto in un parcheggio del paese della bassa bresciana. In quell’occasione, era stato arrestato Claudio Tonoli di Collebeato, accusato di aver compiuto prestazioni sessuali senza protezioni con minorenni, pur sapendo di essere affetto da Hiv. Uno dei ragazzi coinvolti in quell’operazione aveva fornito alle forze dell’ordine altri nomi di adulti con cui aveva fatto sesso. I contatti avvenivano sempre più spesso attraverso i siti d’incontri online per adulti per avviare il primo approccio e poi tramite le chat di Whatsapp.
L’identificazione delle persone indicate e i riscontri avvenuti con le perquisizioni nelle case, hanno quindi portato al secondo filone d’inchiesta e agli arresti di mercoledì 16 marzo. Otto sono finiti nei guai, di cui sei ai domiciliari, uno con l’obbligo di dimora e un altro indagato a piede libero. Tra loro ci sono anche uomini conosciuti a Brescia per il ruolo che operano e considerati insospettabili, oltre a collegamenti con Lecce e il Trentino Alto Adige. Sono accusati di prostituzione minorile e detenzione e produzione di materiale pedopornografico. In particolare, in diversi casi gli stessi adulti avrebbero chiesto ai minori di filmare i rapporti sessuali o di riprendere e scattare foto ai giovanissimi in atteggiamenti intimi o nudi. Secondo gli inquirenti, proprio il ritrovamento di centinaia di foto e di alcuni video sarebbe grave perché il materiale sarebbe potuto finire sul web, circostanza che non è stata dimostrata. Aldilà dell’aspetto giudiziario, le forze dell’ordine ritengono che questi episodi si siano verificati per la mancanza di dialogo nelle famiglie.

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