Delitto Sana Cheema, padre e fratello a processo

La ragazza pakistana cresciuta a Brescia venne uccisa perché rifiutava il matrimonio combinato. Sepolta, riesumata e l'autopsia che aveva definito l'esito.

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(red.) In Pakistan è iniziato il processo per il delitto della 25enne Sana Cheema, cresciuta a Brescia e tanto da ottenere la cittadinanza italiana e aprire un’agenzia di guida per stranieri. La giovane era partita per il Paese asiatico e si pensava si trattasse del parto della sorella, invece era un matrimonio combinato con un parente e che lei aveva sempre rifiutato. Proprio l’idea di voler scegliere da sola e di vivere secondo lo stile occidentale come faceva a Brescia, avrebbe spinto il padre e il fratello a ucciderla come delitto d’onore. Era il 18 aprile quando Sana morì prima di rientrare in Italia e in fretta e furia la sua salma venne sepolta, mentre dal Pakistan parlavano di cause naturali.

Ma in seguito il corpo venne riesumato e l’autopsia aveva stabilito che la 25enne era morta strangolata. Un omicidio, quindi. Per quell’episodio, come scrive Il Giorno, il padre Mustafa Ghulam di 55 anni e il figlio Adnan di 30 sono alla sbarra per omicidio volontario e sepoltura non autorizzata. Per loro il rischio è di incorrere nella pena dell’ergastolo e morte. Nell’indagine, che le autorità locali hanno chiuso, era finito anche lo zio di Sana per la sua partecipazione, oltre a un poliziotto e un dipendente del laboratorio di scienze forensi per una mazzetta con il tentativo di modificare l’esito dell’autopsia. Erano stati coinvolti anche un cugino che aveva fatto da autista per trasportare la salma al cimitero, il medico che aveva prodotto il certificato falso e la madre. Ma alla sbarra ci sono solo gli autori materiali del delitto.

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