Il governatore indagato: “Tutto qua? Non lascio”

Al presidente lombardo i magistrati contestano l'ipotesi di corruzione, con benefit per un valore di circa 8,5 milioni di euro dall'amico, ora in carcere, Pierangelo Daccò.

(red.) “Tutto qua?”. Roberto Formigoni ha esordito con queste due parole nella conferenza stampa in cui ha dovuto commentare l’invito a comparire con cui la Procura di Milano, mercoledì, lo ha informato che è indagato dal 14 giugno con l’accusa di corruzione aggravata dalla transnazionalità nell’ inchiesta sulla Fondazione Maugeri.
Il governatore lombardo è indagato per concorso in corruzione aggravata nell’inchiesta sulla Maugeri. Sarebbe stato corrotto, questa l’ipotesi, con benefit per un valore di circa 8,5 milioni di euro dall’amico, ora in carcere, Pierangelo Daccò in cambio di una quindicina di delibere di Giunta sulle cosiddette ”funzioni non tariffabili” che, nel giro di dieci anni, avrebbero incrementato i rimborsi per le prestazioni sanitarie erogate dalla Fondazione.
Una parte di quei fondi neri, circa 8,5 milioni, per l’accusa, sarebbe stata utilizzata ”per l’acquisto, il mantenimento e il trasferimento di beni di lusso” in favore del ‘numero uno’ della Lombardia.
Nell’invito a comparire, per ”fatti commessi in Milano e all’estero dal 2001 al mese di novembre del 2011”, gli inquirenti hanno infatti messo nero su bianco tutte le ”utilita”’, specificando capitolo per capitolo i costi, di cui avrebbe usufruito Formigoni: circa 3,7 milioni di euro spesi ”dal 2007 al 2011” per ”imbarcazioni di lusso”, ovvero i due yacht messi a disposizione da Daccò; oltre 800 mila euro, tra ”biglietti aerei” e soggiorni, per le vacanze ai Caraibi, tra il 2006 e il 2011; 70 mila euro spesi da Daccò ”nell’interesse” del Governatore in relazione ai Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. E poi ancora cene, eventi e incontri in locali ‘a cinque stelle’ per alcune centinaia di migliaia di euro e in più 4 milioni di euro di ”sconto” sull’acquisto di una villa in Sardegna, del valore stimato di 7 milioni, comprata da Alberto Perego, che vive assieme a Formigoni e altri Memores Domini, per 3 milioni. Come ‘contropartita’, ipotizzano i pm, il presidente lombardo avrebbe fatto approvare dalla sua Giunta una serie di delibere (una quindicina quelle nel mirino ed elencate nel capo di imputazione) che hanno concesso alla Maugeri rimborsi per funzioni non tariffabili, come le attività di ”riabilitazione altamente qualificata” e ritenute di eccellenza.
L’iscrizione nel registro degli indagati del ‘Celeste’ risale allo scorso 14 giugno, ma solo mercoledì, con l’invio dell’atto, è stata dissecretata e l’accusa è diventata pubblica, con buona pace di Formigoni che ha sempre bollato come falsa la notizia di un suo coinvolgimento nelle indagini, in quanto non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia.
Anticipata il 23 giugno dal Corriere della Sera e ripresa da altre testate, la notizia era sempre stata smentita da Formigoni.
Per il presidente della Regione Lombardia, dunque, tutto è rimasto come prima. E ha anche definito ”degni gazzettieri” i giornalisti che hanno pubblicato stralci dell’inchiesta, senza dare pari risalto alla richiesta di rinvio a giudizio di Nichi Vendola.
I pm lo hanno convocato sabato, ma non è detto che ci andrà. ”Parlerò con i magistrati”, ha assicurato Formigoni in una conferenza stampa cui dapprima avrebbe dovuto partecipare in collegamento video da Roma, “ma in un giorno compatibile con gli impegni di tutti, magari non sabato”. Si è comunque detto ”tranquillo: qual è l’atto corruttivo? Dov’è la corruzione? Io”, ha aggiunto rivolgendosi alla stampa, “non l’ho trovato”: ”nulla da temere”.
Un discorso che ha portato Formigoni a ribadire che dal suo incarico, anche di fronte a questo atto, non ha intenzione di tirarsi indietro, come aveva detto negli scorsi giorni parlando di un ‘‘tentativo di golpe” nei confronti suoi e della Giunta di centrodestra.
”Rimango al mio posto”, ha spiegato, “perché sono sicuro che i miei comportamenti sono rettilinei”. ”Non mi dimetto”, ha aggiunto, pur lasciando vago il discorso sul 2013, “perche’ un’informazione di garanzia è data appunto a tutela dell’indagato”. Del resto, ha voluto evidenziare, in 17 anni di governo in Lombardia è stato sottoposto a indagine e mai condannato: ”Se vanno avanti così”, ha fatto il conto, “vincerò 12 a 0”. Con, anche in questo caso, una certezza: quelli nell’avviso di garanzia sono, a suo giudizio, ”fatti falsi dall’inizio alla fine”, ”non c’eè stato mai alcun vantaggio per il San Raffaele e la Maugeri, così come alcun danno alla Regione”.
La Lega si è mostrata compatta con l’alleato, venerdì è annunciato un vertice fra il governatore e Roberto Maroni. ”Non c’è nessuna novità, oggi”, ha detto il vicepresidente della Regione Andrea Gibelli al fianco di Formigoni. ”I magistrati”, ha affermato il leghista Matteo Salvini, “facciano velocemente il loro lavoro per avere certezze, intanto la Lega Nord continua a lavorare per ottenere alcuni risultati positivi per i lombardi”.
Dimissioni tornano a chiedere invece le opposizioni di centrosinistra. ”Formigoni faccia un atto di responsabilità, l’unica strada percorribile è il voto anticipato per rinnovare una situazione sempre più ingestibile”, ha detto il segretario regionale del Pd, Maurizio Martina. Che al fianco ha non solo Idv e Sel, ma questa volta anche l’Udc.
Intanto, con l’avviso di garanzia a Formigoni, salgono a 12 le persone indagate al Pirellone.

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