Acquedotto infetto, “Garda Uno” a processo

A giudizio i dirigenti della società di gestione dell'acquedotto. Nel giugno 2009 a San Felice del Benaco l'acqua malata provocò dissenteria in centinaia di persone.

(red.) Si apre al Palagiustizia di Brescia il processo a carico dei dirigenti della Garda Uno, il presidente Mario Bocchio, il direttore generale Franco Romano Richetti ed il responsabile del settore ciclo-idrico integrato Mario Giacomelli.
Martedì si è svolta infatti l’udienza davanti ai giudici della seconda Sezione penale (presidente Anna Di Martino) per l’ordinanza ammissiva delle prove e delle costituzioni di parte civile, e gli imputati sono chiamati a giudizio il prossimo 16 maggio, per rispondere della epidemia di gastroenterite che, nel giugno del 2009, colpì circa duemila persone tra residenti e villeggianti a San Felice del Benaco (Brescia).
Una cinquantina le persone (tra cui anche il comune gardesano, cittadini ed operatori turistici) cui è stato riconosciuto il diritto di costituirsi parte civile contro i dirigenti della società di gestione dell’acquedotto comunale che devono rispondere di epidemia colposa, lesioni e distribuzione di alimenti adulterati.
L’epidemia provocò dissenteria in centinaia di persone, molte dovettero ricorrere alle cure mediche, tra residenti e villeggianti.
Gli esperti hanno accertato che i malesseri furono provocati da alcuni microrganismo patogeni, il clostridium perfrigense e norovirus, trovati nell’acqua dell’acquedotto.
Questo fu dovuto, secondo l’accusa, a negligenza, imperizia e imprudenza nella gestione della rete idrica comunale, dato che i responsabili, pur sapendo che l’acquedotto era malandato, come testimonierebbe la (tardiva) decisione di mettere a bilancio un intervento ad hoc, rimasto poi solo sulla carta, non fecero nulla per impedire che si verificasse l’epidemia.
Inoltre il pm verificò che, in azienda, non esisteva una figura professionale competente in grado di interpretare le variazioni dei dati delle analisi e di accertare il rischio per la popolazione che attingeva l’acqua dai rubinetti e dalle fontanelle pubbliche.
Per la difesa invece le analisi dell’Asl dimostravano che l’acquedotto non presentava anomali tali da provocare l’infezione.

 

 

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