Phone center: “Vittoria antirazzista”

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phonecenter.jpgDopo la bocciatura della legge regionale, in arrivo cambiamenti anche a Brescia


iqbal-pezzucchi-vicini.jpg(fr. za.) "Questa è una vittoria del movimento antirazzista, che a Brescia è forte e subito aveva iniziato a mobilitarsi contro il regolamento della giunta Corsini che aveva preceduto la legge regionale sui phone center". Non ha usato mezzi termini Umberto Gobbi, presidente dell'Associazione diritti per tutti, che si è vista dare ragione dalla Corte costituzionale nel suo ricorso al Tar contro la legge 6/2006 che disciplina le autorizzazioni per le attività di phone center. "Avevamo agito su due fronti: tante manifestazioni tra il 2006 e il 2008, e le vie legali. Abbiamo vinto su entrambi, e anche in modo bipartisan: contro il centro sinistra in città e contro il centro destra in Regione. Dopo la bocciatura della legge regionale, che ora viene annullata, vinceremo anche il ricorso al Tar di Brescia riguardo il regolamento comunale".
I phone center bresciani erano infatti già stati pesantemente colpiti dalle misure igienico-sanitarie decise dalla giunta Corsini. Ma ora anche la nuova maggioranza di Palazzo Loggia stava per intervenire dando il colpo finale: era infatti pronta un’ordinanza che stabiliva la fine della moratoria di un anno concessa ai phone center per adeguarsi alle norme e agli standard fissati dalla legge regionale, senza concedere proroghe. Era quindi già scritta l’ordinanza di chiusura per tutti i phone center fuori legge. Il giro di vite avrebbe dovuto partire la settimana prossima, ma ora il comune non ne potrà far niente.
I phone center sono quelle attività che offrono servizi di chiamate a basso costo verso i paesi stranieri, utilizzate principalmente da cittadini immigrati per telefonare a casa. "La legge regionale discriminava queste attività", ha aggiunto Gobbi, "perché per ottenere la licenza bisognava avere requisiti che nemmeno gli uffici pubblici hanno: doppi servizi di cui uno per disabili, sale d'attesa di 9 metri quadri per quattro cabine aumentate di 2mq per ogni postazione aggiuntiva, percorso di esodo di almeno 1 metro e 20 centimetri. Si chiedeva la dimensione delle cabine di 1 metro quadro quando lo standard era di 90 centimetri. La legge aveva carattere retroattivo, e imponeva la chiusura di moltissime attività". Negli ultimi due anni i phone center sono passati nel territorio di Brescia da 113 a 53, più che dimezzati.
Da qui i ricorsi, e le accuse di razzismo nei confronti di una legge che andava a colpire "una categoria ben precisa di esercenti: gli immigrati".
nazir-gobbi.jpgTecnicamente, spiega l'avvocato Sergio Pezzucchi, "la Corte costituzionale ha stabilito che l'attività dei phone center non può essere ricondotta al commercio, ma alla fornitura di servizi di telecomunicazione. Quindi le norme sanitarie previste nella 6/2006 erano illegittime perché più restrittive del codice delle telecomunicazioni del 2003, ispirato dall'Europa. Ma in questo caso la legge regionale non può essere più restrittiva di quella nazionale".
La legge, come da sentenza, è ora decaduta. "La Corte" ha aggiunto Pezzucchi, "non si è espressa sulle altre censure sollevate, come quella di discriminazione, ma solo perché le considera assorbite da questa sentenza". Alla Suprema corte si era arrivati perché il Tar si era dichiarato incompetente a decidere sul ricorso.
Soddisfatti i gestori dei phone center bresciani. Nazir Tahir, dell'associazione che li riunisce, dice che "non ci sono altre parole oltre quella di razzismo per descrivere ciò che è accaduto con queste normative; nemmeno le poste di piazza Vittoria, le più grandi di Brescia, hanno le toilette per il pubblico. Razzista è anche continuare a fare i controlli sui documenti degli stranieri solo nei phone center, bloccando l'attività anche per due ore, e non farli in altri luoghi frequentati da immigrati, come i supermercati, dove nessuna forza di polizia ha mai sbarrato le porte e chiuso le casse per chiedere la carta di identità a tutti".
Iqbaal Mazahar, dell'associazione Diritti per tutti, ringrazia "i giudici della corte che hanno reso giustizia. Per fortuna la Costituzione ha dato un colpo duro ai razzisti".
Secondo il consigliere regionale di Sinistra democratica, Arturo Squassina, "i consiglieri dell'opposizione fin da subito avevano reso noto in commissione attività produttive che la legge che si voleva approvare non era legale. Era stato chiesto con forza di rivederla e di cambiarla. Ma la Lega non ha permesso che se ne discutesse in commissione e così è entrata in vigore, provocando la chiusura circa duemila call center in tutta la Lombardia". Molti immigrati hanno perso il lavoro, e di conseguenza anche il permesso di soggiorno. "L'opposizione della Regione Lombardia chiede dunque le scuse da parte di Formigoni e il risarcimento danni ai gestori che hanno dovuto chiudere la propria attività".

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