Invalsi, anche a Brescia studenti in rivolta

Presìdi di alunni, sindacati e docenti al Liceo Copernico e all'istituto superiore De Andrè contro i test di valutazione del ministero.

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(red.) Si accende la protesta degli studenti delle scuole superiori che contestano le prove Invalsi del ministero dell’Istruzione.
Con la bocca coperta da un panno bianco e con sopra stampata una X, manifesti con la scritta “Valutati, non schedati!”, e ancora flash mob, proteste pacifiche, test lasciati in bianco o banchi di scuola abbandonati.Martedì 13 maggio è andata in scena, in molte scuole d’Italia, sparse a macchia di leopardo, il boicottaggio e la protesta dei tanti che non condividono i test Invalsi. Con i quiz preparati dall’Istituto di valutazione, si sono infatti cimentati i ragazzi di seconda superiore ma, come previsto da giorni, la protesta non si è fatta attendere.
A Brescia la mobilitazione, coordinata da Cobas Scuola con il Kollettivo Studenti in Lotta, ha toccato  il liceo Calini, dove lunedì si è svolta un’assemblea, ed il liceo Copernico e l’istituto De Andrè dove sono andati in scena due presidi degli studenti. A protestare anche alcuni docenti. Sotto la ente sia le condiizoni di lavoro degli insegnanti, con il paventato taglio delle ore di cattedra, sia il metodo di valutazione costituito dalle prove ministeriali, definito «falsamente  egualitario» e non legati «all’acquisizione di una sapere critico».
«Abbiamo deciso di disobbedire, di rifiutarci di sottoporci ad un meccanismo di valutazione escludente e ingiusto che mira a rendere la scuola pubblica sempre più a servizio delle logiche manageriali. Valutare non può significare schedare, mettere in classifica, favorire la competizione tra scuole e studenti, indirizzare e svilire la didattica rendendola un semplice bagaglio di nozioni da digerire per affrontare i test» ha affermato Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. «Siamo l’unico Paese in Europa che somministra agli studenti in maniera censuaria e non campionaria dei test assolutamente inutili, che non tengono conto delle condizioni sociali ed economiche degli studenti e che aprono pericolosamente le porte a dei criteri premiali per le scuole che eccellono. A fronte di tutto ciò riteniamo veramente inaccettabile che si spendano 16 milioni di euro per finanziare questo strumento di valutazione dannoso e inutile».
«Da anni – prosegue Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti – si levano delle voci critiche in merito ai test, ma i governi non sembrano propensi ad ascoltare chi vive ogni giorno le scuole. Nel nuovo Def 2014 si inseriscono i test Invalsi alla base della revisione dei nuovi contratti per gli insegnanti e per i sistemi di reclutamento di dicenti e dirigenti scolastici. Il 4 maggio inoltre la presidente dell’Invalsi ha sollecitato gli insegnati a somministrare i test, convincendoli della bontà di questo strumento”.
«Boicottiamo i test – ha aggiunto – perché pensiamo che sia giunto il momento di bloccare questa riforma strisciante della didattica e della valutazione. L’idea che si possa produrre un’istantanea della scuola pubblica senza tener conto delle specificità di ogni contesto e della processualità della valutazione non è solo deleteria ed errata, ma tende ad appiattire verso il basso la didattica, svilendo anche il lavoro dei professori. I test ci riducono a numeri e foraggiano l’idea dello studente come soggetto passivo, pieno di nozioni e incapace di pensare criticamente. Il Governo continua a procedere in maniera antidemocratica sul tema. Crediamo che si debba bloccare il nuovo Sistema nazionale di valutazione, congelare l’ipotesi di estensione dei test Invalsi all’ultimo anno delle superiori e aprire un ampia discussione nelle scuole del Paese. Siamo stanchi dei processi calati dall’alto, soprattutto se imposti nelle scuole che dovrebbero essere palestre di partecipazione e democrazia. Siamo stanchi di veder spesi milioni su uno strumento inutile e dannoso quando non si rifinanziano le scuole e le università».
«La valutazione dell’Invalsi è assolutamente positiva, vanno apportate delle correzioni in base al tipo di classe o al corso di studio ma guai a buttare l’acqua con tutto il bambino. Essere contrari a questo tipo di valutazione equivale a prendersela con il termometro quando segna la febbre», ha spiegato Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei presidi, in un’intervista rilasciata al sito specialistico Skuola.net. Rusconi aggiunge che nel Regno Unito i test sugli standard di performance esistono dal ’62. «Inoltre va considerato che ormai le prove oggettive esistono in tutti i settori, anche per i carabinieri. Perché la scuola non dovrebbe sottoporsi? I docenti dovrebbero prendere spunto dai risultati dei test per sanare eventuali lacune sui programmi trattati. Considerando l’Invalsi come una spia di rilevamento». E sempre secondo una rilevazione di Skuola.net, ben 7 ragazzi su 10 riferiscono che i docenti in classe hanno annunciato di voler utilizzare le prove Invalsi come veri e propri compiti in classe. E tre studenti su cinque dichiarano a Skuola.net di essersi concentrati sui libri appositamente per il test Invalsi.

 

 

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