Inchiesta Covid, Bonometti a Fontana: «No alle zone rosse»

L'industriale bresciano, all'epoca presidente di Confindustria Lombardia, nel maggio del 2023, disse ai magistrati che lo chiamarono a testimoniare sulla mancata zona rossa nella Bergamasca che il presidente lombardo era d'accordo con gli imprenditori a non fermare le attività produttive. Versione opposta a quella rilasciata da Fontana.

Brescia. «Non penso di aver parlato con il Presidente Fontana (…) Non ricordo di aver parlato con il Presidente Fontana di zona rossa».
Così l’industriale bresciano Marco Bonometti, all’epoca presidente di Confindustria Lombardia, convocato, nel giugno di tre anni fa, testimoniava alla procura di Bergamo  come teste per chiarire se ci fossero state eventuali pressioni, da parte del mondo industriale, sulla politica perchè non si istituisse la zona rossa a Alzano Lombardo e Nembro, dove il focolaio Covid era scoppiato in modo aggressivo e stava mietendo centinaia di vittime.
Bonometti, titolare della Officine Meccaniche Rezzatesi, avrebbe poi, incalzato dalle domande degli inquirenti, cambiato versione, affermando di essersi ricordato di aver avanzato al Governatore lombardo una «richiesta», aggiungendo che «Regione Lombardia era d’accordo con noi nel non istituire le zone rosse, ma nel limitare le chiusure alle sole aziende non essenziali».

Nel verbale di 5 pagine, con al centro la mancata zona rossa in Val Seriana, l’imprenditore bresciano ha detto che «Regione Lombardia era d’accordo con noi nel non istituire le zone rosse ma nel limitare le chiusure alle sole aziende non essenziali».  La sua testimonianza, datata 3 giugno 2020, fa parte degli atti della chiusura dell’inchiesta sulla mancata zona rossa in Val Seriana e nella quale risultano indagate una ventina di persone tra cui il presidente lombardo Attilio Fontana, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza.

«Effettivamente ricordo che del tema della istituzione della zona rossa in Alzano e Nembro se ne è parlato dopo il caso di Codogno nelle riunioni per il Patto di Sviluppo» ha spiegato Bonometti ai magistrati, precisando quale fosse in quei giorni drammatici la sua posizione: «La zona rossa nella bergamasca non risolveva il problema, perché a mio parere andava chiusa l’intera Lombardia. Ero contrario all’istituzione della zona rossa (…) Ho detto di salvaguardare le filiere per le aziende essenziali (…) ho sempre cercato di salvaguardare le aziende lombarde». Anche perché «tutti gli imprenditori erano molto preoccupati» e quindi «abbiamo cercato – ha aggiunto – di limitare al minimo le attività produttive da ritenersi essenziali».

A fine maggio 2020, Attilio Fontana, passato poi da teste ad indagato assieme ad altri 18, tra cui pure Giuseppe Conte e Roberto Speranza, aveva risposto ai pubblici ministeri che «per questa faccenda non ho ricevuto pressioni (…) sulla zona rossa di Alzano e Nembro non ho mai parlato con nessun rappresentante di Confindustria e non mi sono state rappresentate le loro esigenze». E ha confermato che la linea della Regione ai primi di marzo era chiara: «Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa. La nostra non era una scelta politica, ma tecnica».

 

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