Profughi, i primi diplomati “in italiano”

Il corso di alfabetizzazione è stato promosso da Cgil, Acli e K-Pax onlus per gli immigrati in fuga dall'Africa. "Forte assenza degli enti locali, scelta politica".

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    (p.f.) Ultimo giorno di scuola per i circa 30 profughi residenti ormai da novembre a Sant’Eufemia, nell’hotel Le Millemiglia. Un corso non convenzionale, quello promosso da Cgil, Acli e K-Pax onlus, nei locali messi a disposizione gratuitamente dal circolo Arci di via Saleri.
    “Un corso di alfabetizzazione di primo livello”, ha spiegato il consigliere Claudio Bragaglio,  che si è messo a disposizione per insegnare ai ragazzi la lingua italiana, “durante le lezioni ho spiegato la grammatica, ma anche  un po’ di storia della città, di geografia, e le basi per attività lavorative”.
    Gli studenti sono i profughi arrivati dalla Libia nel 2011, che fino a novembre scorso erano stati sistemati in alcune strutture della Val Palot, Monte Campione e Corteno Golgi. Provengono da Mali, Ciad, Niger, hanno dai 20 ai 30 anni, e ad oggi vivono in una sorta di limbo. “Diversamente dalla prima ondata di profughi, quella arrivata dalla Tunisia”, ha spiegato Clemente Elia, dello sportello rifugiati Cgil, “il governo non ha concesso a questi ragazzi il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma ha preteso che ciascuno presentasse una domanda per ricevere la protezione umanitaria”.
    Le domande sono state vagliate da una apposita Commissione con sede a Milano, che però ha respinto il 70% delle circa 400 richieste presentate. Ora i profughi hanno fatto ricorso, ma in attesa del responso, vivono nel limbo di chi non sa quale sarà il suo destino e non può  neanche cercare un lavoro.
    “Nel frattempo”, ha continuato Elia, “in Mali, Paese da cui provengono molti profughi, è scoppiata la guerra civile, per cui ci sono buone speranze che i ragazzi ricevano un esito positivo. Per evitare però lunghe attese e anche risparmiare sulle spese, noi abbiamo chiesto di concedere il permesso di soggiorno per motivi umanitari per un anno”. Unico sollievo per i ragazzi è stata la scuola messa in piedi da Acli, Cgil e K-Pax.
    “Oggi consegniamo i diplomi dei primi 4 moduli, ma penso che prolungheremo il corso fino a giugno”, ha commentato Bragaglio. “Facciamo quello che è possibile”, ha aggiunto Fabiana Conti, di Acli, “per dare una mano a questi ragazzi, che apprezzano la scuola e si impegnano al massimo per imparare la nostra lingua”.
    Ma non manca una nota polemica. “E’ un intervento del privato sociale”, ha sottolineato Elia, “necessario perché registriamo una forte assenza degli enti locali. C’è una scelta politica di non voler intervenire per queste persone”. Ma dalla settimana scorsa, è stato avviato un accordo con la prefettura per monitorare su tutta la provincia di Brescia gli standard di accoglienza dei 400 profughi. “Sarà valutato se l’accoglienza è stata adeguata”, ha concluso Ilaria Zacheo, di K-Pax onlus, “se ci sono progetti per l’integrazione. Per quello che abbiamo potuto vedere, è mancato un riferimento istituzionale, i ragazzi hanno dovuto fare tutto da soli, persino cercare chi poteva dar loro una mano”.

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