“La scomparsa del dottore”, storia e cronaca di un’estinzione

(red.) C’era una volta il dottore che andava nelle case, curava e confortava, diventando spesso un confidente cui riservare incondizionata fiducia.
Erano i tempi di una medicina semplice ed essenziale, dove la capacità di ascolto e l’occhio clinico rappresentavano doti irrinunciabili per formulare una diagnosi. Con l’avvento della rivoluzione tecnologica in medicina, dagli anni Settanta del secolo scorso, tutto è cambiato. Fra tecniche di imaging sempre più evolute, procedure microinvasive, sofisticate indagini di laboratorio, farmaci intelligenti e nuove frontiere delle terapie cellulari, anche l’immagine del clinico ne è uscita profondamente mutata. La gloriosa figura del “mio dottore”, come amavano definirlo i pazienti di un tempo, ha lasciato il passo a un impersonale “medico”, più a suo agio con le tecnologie che nella relazione col malato.
“La scomparsa del dottore – Storia e cronaca di un’estinzione” è il titolo del pamphlet del noto storico della medicina Giorgio Cosmacini, appena pubblicato da Raffaello Cortina Editore, che verrà presentato dall’autore nella sede dell’Ordine dei Medici di Brescia (in via Lamarmora 167) mercoledì 12 giugno alle ore 17. Nell’incontro, aperto ai professionisti della sanità e al largo pubblico, Cosmacini proporrà una inedita “diagnosi” dei mali della medicina odierna, prendendo le mosse dall’opinione diffusa che l’arte medica abbia acquistato in tecnologia quel che ha perso in umanità.
Verranno affrontati il tema della “tecnomedicina”, che può diventare insidiosa quando dimentica di mettere al centro l’uomo, e il nodo delle carenze nella formazione universitaria dei futuri medici, mettendo sotto la lente d’ingrandimento “malattie” come lo specialismo, il tecnicismo, l’eccessiva burocratizzazione, l’illusione di una medicina senza limiti, l’impoverimento della cultura medica, la perdita di qualità umana nella relazione di cura.
Sullo sfondo rimane una svolta culturale mancata: alle malattie del passato, infettive e acute (si pensi alla tubercolosi), si sono sostituite quelle del presente, metabolico-degenerative (come patologie cardiovascolari e tumori), che non si possono curare con terapie risolutive come era un tempo l’antibiotico, ma richiedono cure molto più lunghe, complesse e dagli esiti non garantiti.
Si imponeva, quindi, una transizione culturale «dall’idea ottimistica di guarigione terapeutica all’idea problematica di continuità curativa», scrive Cosmacini: un salto che la pratica medica non è ancora riuscita a fare.
E proprio i medici di ieri e di oggi, con relativo bagaglio di vissuti, visioni e aspettative, saranno messi a confronto nella sede dell’Ordine per capire come è cambiata la medicina bresciana e come recuperare in chiave moderna i valori inestinguibili di cui era depositario il vecchio “dottore”. Nel panel che accompagnerà la relazione di Cosmacini, insieme alla giornalista Anna Della Moretta dialogheranno Adriana Loglio (medico di medicina generale) e Gian Paolo Balestrieri (primario ospedaliero) – professionisti che hanno vissuto la transizione tra la medicina di un tempo e quella moderna – con Lorenzo Zanini, giovane medico che sta completando la formazione in medicina generale.
«Nel tempo della medicina della complessità è di vitale importanza implementare il dialogo fra i professionisti e consolidare la relazione medico-paziente, ripartendo da regole semplici e irrinunciabili: ascoltare il malato, chiedergli come si sente, spiegargli come lo si sta curando, essere aperti al dialogo – sottolinea il presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia, Ottavio Di Stefano, che introdurrà l’incontro – Si tratta di rivalutare alcuni elementi fondativi del nostro lavoro che resistono al tempo: un “galateo” della medicina che negli anni Duemila non può andare perduto».

 

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