Falcone e Borsellino, “Valeva la pena?”

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(red.) “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali,quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due giudici siciliani che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia.
Di loro si racconta che quando erano ancora adolescenti giocavano a pallone nei quartieri popolari di Palermo e che fra i loro compagni di gioco c’erano probabilmente anche alcuni ragazzi che in futuro sarebbero diventati uomini di “Cosa Nostra”. Ripercorrendo alcuni fatti realmente accaduti nella loro vita e attraverso alcune loro frasi è nato “Valeva la pena?”, spettacolo molto particolare che parla di coraggio e di solitudine, di sacrificio, e di pace, di speranza e di dialogo.
A portare in scena lo spettacolo sabato 16 febbraio alle 21, presso l’Auditorium del Monastero di San Pietro in Lamosa, è Luciano Bertoli, che ha anche scritto il lavoro.
Luciano Bertoli “impersona” entrambi i giudici grazie a semplici e veloci cambi d’abito: in maniche di camicia e con in mano la famosa agenda rossa a indicare Paolo Borsellino, in giacca e con in mano accendino o sigaretta per Giovanni Falcone.
L’incontro tra i due dà vita ad un dialogo impossibile su ciò che loro pensavano del dovere, delle mafie, della morte. Attraverso il racconto tratto dal libro di J.Giono “L’uomo che piantava gli alberi”,  raccontato immaginariamente da Borsellino, si vuole sottolineare la gratuità nell’impegno e nella passione, sempre più difficile da trovare ai giorni nostri.
“Lo spettacolo”, spiega Luciano Bertoli, “si lega alla fine alla speranza, alla vita possibile anche in una zona arida, perché il lavoro di Falcone e Borsellino ha portato speranza dove la speranza sembrava non esserci più e un dialogo dove il dialogo sembrava finito. E’uno spettacolo che si rivolge soprattutto alle giovani generazioni, dal quale emergono riflessioni sulla vita dei due magistrati  uomini, eroi della lotta alla criminalità organizzata, uccisi a distanza di cinquantatre giorni l’uno dall’altro”.
Lo spettacolo quindi verrà portato in scena in una matinée per gli studenti del terzo anno della scuola secondaria di primo grado Don P. Raffelli e il dott. Maffei Stefano docente presso l’Università di Parma, esperto in diritti umani e giustizia penale italiana e comparata, interverrà con una riflessione sul significato di verità e di giustizia e sulla necessità di far conoscere e condividere  la nostra storia recente.
La ricerca della verità per un giudice è come lo spettacolo per un attore, un percorso sempre in divenire, che restituisce la voglia di non dimenticare ciò che è stato e di partecipare a ciò che è.  L’ingresso allo spettacolo è libero e gratuito.

 

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