Coronavirus, studio Unibg: restrizioni migliori a livello provinciale

La ricerca dell'ateneo bergamasco sottolinea come le limitazioni possano essere stabilite non su tutta la regione.

(red.) In questo periodo la polemica e gli attacchi dei bresciani all’indirizzo della Regione Lombardia per aver aggregato anche la nostra provincia in tutto il territorio “rosso” dal punto di vista delle nuove restrizioni tra fine ottobre e i primi di novembre si sono ridotti. Anche perché è emerso come si debbano attendere almeno due settimane dal momento dell’introduzione di quelle misure e capire se abbiano funzionato. Solo in seguito si potrà consentire qualche restrizione in meno. Da questo punto di vista arriva in aiuto anche uno studio, di cui dà notizia il Giornale di Brescia, realizzato dal professore di Economia all’Università di Bergamo Paolo Buonanno con Sergio Galletta e Marcello Puca.

La loro attenzione è stata rivolta alla relazione tra il contagio nella prima ondata la scorsa primavera e quella in corso tra ottobre e novembre. In particolare, si sono analizzati i territori, come quello bresciano, nel numero delle vittime rispetto agli ultimi cinque anni. E si vede, come già si sapeva, che lo scorso marzo in provincia sono morte 4 mila persone rispetto a una media di 1.000 nei cinque anni precedenti.

Brescia, con Bergamo, era stata la provincia più colpita in Lombardia, mentre attualmente, proprio con la stessa provincia orobica, lo è per fortuna molto di meno a discapito di quelle occidentali. Il motivo? Secondo lo studio, non è esclusa l’immunità di gregge, senza dimenticare però anche i comportamenti più accorti tra mascherine e distanziamento. E in questo ambito lo studio sottolinea come le restrizioni possano essere valutate non a livello regionale, ma dal punto di vista provinciale in base al profilo di rischio.

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