Ken Damy e gli scatti della bomba

Il ricordo dell'artista bresciano che, subito dopo l'attentato, fu tra i primi a fotografare quanto avvenuto. "Alcune immagini sono scomparse, mai più ritrovate".

(red.) La strage di Piazza Loggia, di cui oggi, 28 maggio, ricorre il 38esimo anniversario, una ricorrenza dal sapore amaro dopo la fine del processo di Appello che si è chiuso (nuovamente) con l’assoluzione di tutti gli imputati, è stata una delle più fotografate negli istanti successivi all’esplosione della bomba: scatti che sono passati alla storia e rimarranno per sempre nella memoria del Paese.
Merito di un collettivo di fotografi, il collettivo “La Comune”, di cui faceva parte Giuseppe Damiani, in arte Ken Damy, fotografo di fama internazionale, che allora aveva 25 anni. L’artista bresciano è stato intervistato, in occasione della ricorrenza, da Andrea Tornago di Radio Popolare a cui ha affidato i suoi ricordi di quella giornata.
“Io ero in studio”, ricorda l’artista bresciano, “stavo prendendo su le macchine quando mi arriva la telefonata. In tre minuti sono arrivato. Tre minuti che son diventati sette o otto perché veramente fendere la folla al contrario che scappava via…Io arrivavo da via Moretto… ho fatto tutti i portici spintonando tutti”.
“Molti mi conoscevano, e continuavano a dirmi: “Corri, corri, vai! Corri!” “Vai a fare queste fotografie”… c’è stata proprio anche questa gente che mi spingeva ad andare. Uno degli infermieri che eran lì mi conosceva… mio fratello, che è stato uno dei feriti, era il sindacalista dei medici dell’Ospedale Civile… quindi io le prime foto le ho stampate in una cella dell’obitorio adibita a camera oscura. Mi hanno sollevato tutte queste lenzuola e… mi dicevano “Sei il fotografo, fotografa”. Il tempo per pensare non c’è stato”, sottolinea Ken Damy, “il tempo di mettere a fuoco non c’è stato, molte sono sgranate, sfuocate. Pur essendo io un professionista è chiaro che ho vacillato in quel momento. Ho messo a fuoco a due metri e ho scattato”.
“È la strage più fotografata. Sull’Italicus non c’erano i fotografi, in Piazza Fontana non c’erano, o sono arrivati con la polizia, dopo, chiamati. Considera che i fotografi le macchine fotografiche le proteggono. Allora avevamo vent’anni. Le nostre famose Nikon c’erano costate… saremmo stati tutti sotto il portico, proprio per proteggerle dall’acqua”.
Sul rapporto tra le fotografie scattate e i parenti delle vittime Damy ricorda che
“Manlio Milani, già dal primo giorno voleva strappare via alcune fotografie, poi ce l’ha chiesto gentilmente, poi ce le ha coperte… ho preso anche un cazzotto io quella sera lì oltre tutto, perché… Il gruppo del circolo la comune che mi proteggeva attorno mentre io salvavo il diaproiettore sotto la Loggia e gli altri che avevano l’incarico, il servizio d’ordine della Cgil, eh!”, ricorda il fotografo, “avevano l’ordine di vietare la proiezione perchè erano considerate troppo forti. In proiezione, poi, c’erano quelle a colori, che mi sono state rubate, sono scomparse e mai più trovate… questo è un altro dei misteri”.
Parlando poi di alcuni reperti fotografati nelle prime immagini Damy riferisce che “
Nelle foto a colori probabilmente si vedeva la differenza fra un pezzo di ferro e un pezzo di carne, mentre nel bianco e nero la onfusione è totale. Sviluppare il colore lo facevamo noi a mano”. “Nel formato grande”, aggiunge Ken Damy, “i particolari che si potrebbero, che si potevano, che si potrebbero ancora vedere io non lo so quali sono. Ma so che ci sono. Si vedeva tutta questa macchia di sangue con vari pezzettini di frammenti, frammenti neri di pietra, il cestino rotto… Probabilmente si vedeva anche qualche… Non lo so. Io so che queste diapositive qualcuno ce le ha e ci sono ancora”.

 

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