La parola passa alla Camera di Consiglio

Venerdì 17 i giudici diranno se ammettere o meno la rinnovazione parziale del dibattimento alla luce delle nuove prove acquisite dall'accusa e contestate dalla difesa.

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(red.) Si avrà venerdì la risposta dei giudici della Corte d’assise d’appello sulla rinnovazione o meno del dibattimento per la strage di piazza Loggia con l’acquisizione dei nuovi elementi dell’accusa sostenuta dai pubblici ministeri Francesco Piantoni e Roberto Di Martino.
Martedì si è aperto il processo di secondo grado a carico di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti e Francesco Delfino (nessuno dei quali presente in aula) per la bomba che il 28 maggio del 1974 uccise a Brescia otto persone  causò il ferimento di un centinaio.
Davanti alla Corte hanno parlato l’accusa pubblica e privata e la difesa: la camera di consiglio dovrà ora stabilire se ammettere o meno testimoni e documenti nuovi o di nuova lettura, come chiesto dai pm.
Il pubblico ministero Francesco Piantoni ha spiegato che la nuova indagine non è né parallela né alternativa poiché gli imputati devono rispondere di “concorso in strage con altri”, altri che non sono noti e che accrescerebbero dunque, secondo l’accusa, il numero degli imputati.
L´inchiesta è stata aperta in seguito alle dichiarazioni, rese alla Procura da Gianpaolo Stimamiglio, che fece parte della destra veneto friulana negli anni ‘70.
Tra gli elementi di prova, la conferma dell’esistenza del casolare di Paese (Treviso) che veniva utilizzato quale deposito di armi ed esplosivi, e anche di quella dello stabile tra Mirano e Spinea nella quale, sempre secondo il pentito Carlo Digilio, Zorzi, su ordine di Carlo Maria Maggi, consegnò a Marcello Soffiati l’ordigno esploso a Brescia. A ciò si aggiunge la “velina” postdatata che annunciava la strage il 25 maggio del ’74 ad Abano Terme dal gruppo di Ordine Nuovo guidato da Carlo Maria Maggi.
Il pm Di Martino ha invece formulato la richiesta di ascoltare nuovamente i periti utilizzati durante primo processo della strage per far luce sul materiale utilizzato nell’ordigno e per spiegare come avvenne la deflagrazione.
Anche le parti civili si sono associate alle richieste dei pm. Da segnalare, inoltre, che per tre delle quindici persone (parenti delle vittime) che in primo grado si sono costituite parte civile, è stato tolto il “patrocinio gratuito” dello Stato a seguito dell´interpretazione della legge del 3 agosto 2004, numero 206, che prevede l´aiuto economico per i familiari delle vittime di “stragi a matrice terroristica”.
Ma il presidente Enrico Fischetti ha sollevato un problema di legittimità di parentela, perché le tre persone in questione sono “parenti di secondo grado” e non godrebbero dunque delle agevolazioni previste dalla normativa.
Per i tre legali dei parenti delle vittime non è stata dunque pagata la provvigione dallo Stato, ma hanno continuato a svolgere il proprio lavoro e martedì erano regolarmente in aula con i propri assistiti.
Dopo l’accusa ha parlato anche la difesa dei cinque imputati che ha sostenuto invece che nel nuovo processo si vogliono introdurre elementi da altri indagini e non attività integrativa. La risposta si saprà solo venerdì.

 

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