«Vogliamo un campo di cricket a Brescia»

Lo Janjua Brescia milita in serie B ed è iscirtto al Coni. Gli manca però uno spazio in provincia dove allenarsi. Ora chiede un intervento al Comune.

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(red.) Il cricket è lo sport prediletto dagli inglesi. Ma con il tempo anche le colonie britanniche hanno finito per appassionarvisi. Tanto che ormai i migranti, quando devono lasciare i paesi di origine del Commonwelth, oltre alle foto della famiglia e ai ricordi di casa, spesso si portano appresso anche il set di mazze. Nei parchi Brescia, prima che molte ordinanze proibissero la pratica di qualsiasi sport (proprio con il sottile obiettivo di colpire gli appassionati indiani e pakistani), erano molti gli immigrati che durante il fine settimana si ritrovavano a tentare di imbucare la palla nelle piccole porte ovali piantate per terra.
Ma nonostante le ordinanze restrittive la passione dei giocatori di cricket orientali nella nostraa città non è scemata. Anzi, anni fa è nato proprio un club bresciano lo Janjua Cricket Club Brescia, iscritto regolarmente al Coni e che attualmente milita nella seconda categoria nazionale.  Peccato però che i giocatori della società non abbiano nemmeno più un campo sul quale allenarsi. Proprio per questo la società, i cui iscritti sono tutti di origine asiatica, hanno esposto le loro lamentele alla Loggia, che da parte sua si è dimostrata disponibile ad ascoltarli.
Lunedì, infatti, una rappresentanza del club incontrerà l’assessore Valter Muchetti, il presidente della Federazione cricket Italia Simone Gambino, la polizia locale e i funzionari del settore per cercare una soluzione. «Per allenarci dobbiamo continuamente spostarci in altre città, in Veneto, Lombardia, Emilia, Trentino. Perfino a Genova ci hanno messo a disposizione un campo. Dappertutto, tranne a Brescia», lamentano i giocatori. In realtà un campo a Brescia ci sarebbe, ovvero quello delle Fornaci, ma è usato da altri giocatori a livello amatoriale ma lo Janjua non ne ha la priorità. «È comprensibile la necessità di avere un luogo  in cui poterci allenare senza dover discutere ogni volta su chi ha il diritto ad usare il campo» concludono.

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