“Fuga” dalla montagna in 24 comuni bresciani

In un decennio diverse località montane hanno perso residenti. La più colpita Saviore. Distanza dal luogo di lavoro e mancanza dei servizi le cause dell'addio.

(red.) Si assottiglia progressivamente la popolazione dei paesi bresciani di montagna. Il calo demografio riguarda diversi piccoli comuni della provincia, costretti a fare i conti con case sempre più vuote, strade deserte e mancanza di attività commerciali.
Spesso è la distanza dal luogo di lavoro e la mancanza di servizi essenziali a costringere al trasloco verso località meglio raggiungibili e più attrezzate. Lo dimostrano  i dati degli ultimi 11 anni, in cui la fuga dai paeselli di montagna ha riguardato in particolar modo 24 centri tra 2000-2011, che diventano poi 33 per il triennio 2009, 2010 e 2011. I 24 centri montani della provincia bresciana, in dieci anni, hanno perso 1276 persone.
L’addio più netto lo ha registrato Saviore dell’Adamello, dove in undici anni se ne è andato il 15% dei residenti (179 persone): la popolazione è così passata da 1186 a 1007 abitanti.
Analoga situazione a Ponte di Legno e Cevo, passate rispettivamente da 1.886 a 1.778 la prima, e da 1.046 a 940 la seconda.
In Valsabbia risentire maggiormente della “desertificazione” da popolazione sono stati Capovalle e Valvestino (rispettivamente 100 e 98 persone che hanno salutato i comuni) dove la popolazione si è ridotta da 313 a 213 abitanti e da 490 a 392.
Ha risentito dell’effetto migratorio anche Berzo Demo (da 1841 a 1747 residenti), Magasa (da 226 a 146), Paisco Loveno (da 270 a 199), Incudine (da 469 a 402) e Lavenone (da 679 a 615).
La situazione più pesante si registra a Magasa, che ha perso, in un decennio, il 35% della sua popolazione: attualmente, i residenti sono 146.
Nel triennio “009-“011 hanno perso quote di abitanti cospicue anche anche Saviore, Casto, Ponte di Legno, Lodrino e Berzo Demo.

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