Caffaro, parlano i vertici. Ricorso al Tar e due inchieste

"Non ci hanno detto come fare a smaltire il cromo e le due vasche contestate non sono nostre, ma ci siamo offerti lo stesso". Ricorso contro sospensione Aia.

(red.) Quella di ieri, mercoledì 16 ottobre, è stata una giornata importante sul fronte della Caffaro di Brescia, che si è vista sospesa per due mesi l’autorizzazione integrata ambientale dalla Provincia per non aver messo in campo le misure con cui contrastare l’inquinamento. Proprio ieri è stato il giorno dei vertici della Caffaro, con il titolare Donato Todisco e il direttore generale Alessandro Francesconi che hanno dato la loro versione dei fatti. Sottolineando come “ci siamo offerti di svuotare le cisterne che hanno ancora 150-200 metri cubi di liquido inquinante e residuo delle lavorazioni della Caffaro spa della Snia, anche a spese nostre, ma nessuno ci ha detto come fare”. E hanno anche parlato di due delle quattro cisterne finite nel mirino dell’Arpa. “Sono dismesse e non sono trattate nell’atto di acquisto nel 2011 – dicono – ha una soluzione di clorato e cloruro contaminato da cromo esavalente e ci siamo fatti carico di intervenire sulla parte di nostra competenza.

Anche perché le cisterne non sono nostre e non dovevano essere incluse nella messa in sicurezza. Abbiamo contattato due imprese parlando di costi per 250 mila euro e detto agli enti che sono rifiuti pericolosi per i quali abbiamo chiesto prescrizioni. Abbiamo altri rifiuti simili, ma non una destinazione dove portarli. Per Arpa non si può escludere un rischio di inquinamento e così – continuano – abbiamo sospensione dell’Aia che ci mette in grosse difficoltà. Produciamo sodio clorito in soluzione acquosa, di cui siamo leader in Europa, utilizzato per potabilizzare l’acqua degli acquedotti. Non produciamo né pastiglie di cloro né cloro in bombole, il mercurio è un inquinante storico dovuto alle elettrolitiche non nostre, Pcb e clorurati non ci riguardano e non è vero di gatti morti. Non c’è rischio per la salute. La contaminazione non fa parte di Caffaro Brescia e stiamo valutando di chiedere danni”.

Un accordo con la Provincia? Ieri doveva svolgersi un incontro che non c’è stato e per questo motivo la Caffaro Brescia ha annunciato un ricorso al Tar per la sospensiva dello stop all’Aia. Nel frattempo, dagli stessi vertici è emerso che l’azienda resterà in via Milano fino al 2021 e in vista del nuovo stabilimento pronto in provincia di Pescara. “Questa sospensione – continuano – ci mette in crisi con i clienti e la produzione” hanno aggiunto. Nel frattempo emerge che la procura di Brescia ha aperto due inchieste a carico di ignoti, di cui uno per il mercurio uscito dai tubi e portando al sequestro di un capannone e l’altro per il troppo cromo esavalente. L’accusa generale è di attività di gestione di rifiuti non autorizzata.

Nel momento in cui Arpa e Ats presenteranno le loro relazioni, potrebbero essere sentiti i lavoratori e i dirigenti della Caffaro. E in questo scenario c’è anche la contestazione da parte degli ambientalisti dopo un flash mob di ieri. “Basta veleni” chiede un piano di bonifica anche per la parte esterna alla Caffaro e ha annunciato a tutti gli enti un esposto riferito alle conseguenze che potrebbero derivare da un decreto e indurre a una nuova caratterizzazione dei terreni inquinati e anche a definire un nuovo perimetro. Della battaglia fanno parte il Comitato popolare contro l’inquinamento Brescia-Caffaro, Medicina democratica, il Tavolo basta veleni e Comitato ambiente e salute Brescia.

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