Calzaturiero, semestre difficile: export in calo del 25,1% sul 2019

In Lombardia nel primo semestre 2020 le imprese (calzaturifici e produttori di parti di calzature) sono calate del -2,7%.

(red.) Primo semestre difficile per il comparto calzaturiero italiano, fortemente provato dalla crisi pandemica: -34,9% il calo dell’indice Istat della produzione industriale e -36,3% il fatturato delle aziende secondo l’indagine condotta tra gli Associati. Lo stato del settore emerge dalla nota congiunturale elaborata dal Centro Studi Confindustria Moda per Assocalzaturifici, presentata a Micam, il Salone Internazionale della Calzatura in programma fino al 23 settembre 2020 a Fiera Milano Rho.

In Lombardia nel primo semestre 2020 le imprese (calzaturifici e produttori di parti di calzature) sono calate del -2,7% (21 aziende in meno rispetto allo scorso dicembre) e gli addetti diminuiti del -1,7% (-120). Sul fronte dell’export invece si registra una flessione del -25,1% sui primi 6 mesi 2019. 

Sul versante estero, i dati Istat indicano per i primi 6 mesi dell’anno un arretramento complessivo dell’export del -26,4% in quantità e del -25,4% in valore. Sono stati esportati complessivamente 78,7 milioni di paia – operazioni di pura commercializzazione incluse – oltre 28 milioni in meno rispetto a gennaio-giugno 2019, per 3,8 miliardi di euro. Una situazione davvero emergenziale: basti pensare che tali volumi risultano inferiori del 24% a confronto con quelli raggiunti nei primi 6 mesi del 2009, cioè in piena crisi economica mondiale (quando furono esportati 104 milioni di paia). Cali generalizzati tra i mercati, con pochissime eccezioni: tra le principali destinazioni crescono in volume solo Polonia e Portogallo (che cede però l’11,4% in valore); la Corea del Sud segna un +0,6% in valore, con un -4,6% in quantità. Il segno meno prevale ovunque. La Germania, prima per volumi, che già presentava trend negativo nel 2019, perde il 17%, sia nelle paia che in valore. Pesanti le flessioni dei flussi verso Cina e Hong Kong (-31,4% e -44,1% in valore rispettivamente); il Far East perde nell’insieme circa il 30%, sia in quantità che valore. Sensibile arretramento sui mercati della CSI (-37% in volume e -30% in valore); male gli USA (cali prossimi al -40%) e il Medio Oriente (-26% in quantità). Si riducono di circa un quarto i volumi diretti verso la Svizzera (tradizionale hub logistico-distributivo delle grandi griffe internazionali del lusso) e di un terzo quelli verso la Francia (altra destinazione privilegiata del terzismo), ai primi due posti nella graduatoria per valore.

L’esame per tipologia merceologica evidenzia arretramenti superiori al 20% in volume per tutti i comparti, tranne quello residuale delle calzature con tomaio in gomma (-1%): flessione di poco superiore al -30% per le scarpe in pelle (con riduzioni di uguale intensità, -34%, per i segmenti uomo e donna e un -30% per il bambino); -23%, sempre in quantità, per le calzature in tessuto; -21% per quelle in sintetico; -38% infine per le pantofole.

 A livello territoriale (dati riferiti a calzature+parti e disponibili solo in valore) si registrano nel primo semestre decrementi significativi per tutte le principali regioni esportatrici, con la sola eccezione dell’Emilia Romagna (+20%), trainata da Piacenza, polo logistico distributivo in costante crescita negli anni recenti e di fondamentale rilevanza anche nelle spedizioni di acquisti online. Le flessioni più marcate hanno interessato la Toscana (-44%), le Marche (scese del -32,5%, con Fermo e Macerata -31% e Ascoli Piceno -39%) e la Campania (-34%). Arretramento in linea con la media nazionale per la Lombardia (-25,1%) e di qualche punto più sotto per Veneto (-20,2%, prima in graduatoria con una quota del 27,4% sul totale export Italia valore), Puglia (-22,2%) e Piemonte (-20,9%). Firenze guida sempre la classifica delle province esportatrici malgrado un calo del -43,7% sulla prima metà 2019.

Per quanto riguarda la natalità delle imprese e l’occupazione, il report evidenzia come a luglio il 10% delle imprese avesse ancora personale in smart working. A fine giugno 2020, con riferimento ai calzaturifici, si contavano in Italia 4.249 aziende e 74.370 addetti, tra industria e artigianato (con saldi pari a -77 aziende e -520 addetti su dicembre 2019). Considerando anche la componentistica, i saldi negativi su fine 2019, secondo Infocamere-Movimprese, salirebbero a -161 aziende e -1.295 addetti.

 In netto rialzo il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni nella Filiera Pelle: complessivamente, nel primo semestre, un totale di poco inferiore a 39 milioni di ore, +878%, rispetto ai 4 milioni di gennaio-giugno 2019. Quasi 5 volte il numero di ore concesse nell’intero 2019 (lo scorso anno erano state infatti autorizzate 8,3 milioni di ore, da gennaio a dicembre).

 

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