Brescia, alla lavoratrice “no vax” l’assegno di dignità

Con sentenza del 7 maggio, il Tribunale del Lavoro di Brescia ha riconosciuto alla donna, dipendente di un'azienda sanitaria, la metà dell'assegno "congelato" perchè non vaccinata.

Brescia. Non si era sottoposta a vaccinazione sanitaria anti Covid 19, obbligatoria per i lavoratori delle aziende sanitarie, ed era stata sospesa, come previsto dalla legge.
La lavoratrice ha fatto causa e ha ottenuto dal giudice che le venga corrisposto il 50% dell’ultimo stipendio utile come “assegno alimentare”.
La sentenza del Tribunale del Lavoro di Brescia, emessa il 7 maggio, ha infatti disposto che venga erogato l’assegno ma i giudici si sono anche rimessi alla Consulta, perchè si esprima sulle «conseguenze del mancato adempimento dell’obbligo vaccinale da parte del personale sanitario».

Come è stata assunta questa decisione? Il giudice ha paventato la violazione degli articoli 3 (sull’uguaglianza di tutti i cittadini) e 4 (sul diritto al lavoro) della Costituzione ed il fatto che la donna, che vive sola, possa fare affidamento solamente sullo stipendio percepito come dipendente.

In questi mesi in cui le è stata sospesa la retribuzione, la lavoratrice, che vive in un alloggio popolare, ha dovuto rivolgersi ad una parente e ad associazioni di volontariato per la propria sussistenza.
Il Tribunale ha sottolineato come la donna (per la quale la sospensione dal lavoro resta in vigore fino alla fine dell’anno) non possa «fruire dei benefici previsti in caso di licenziamento» come l’indennità di disoccupazione e la liquidazione, ed «è impossibilitata a svolgere la sua attività presso qualsiasi altra struttura, anche privata». Una situazione che si configura come «gravemente lesiva della dignità della persona».
La lavoratrice “sospesa” potrà ottenere la metà dello stipendio, quindi, fino al pronunciamento della Consulta in merito.
La sentenza di Brescia potrebbe costituire un importante precedente per situazioni analoghe.

 

 

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