Coronavirus, “in Lombardia peggior tasso di mortalità d’Europa”

Lo rivela un'indagine di Legambiente: "La ricostruzione di un sistema della salute deve essere priorità".

(red.) In quest’epidemia di coronavirus il mondo è andato in ordine sparso. C’è chi ha fatto tutto bene per monitorare e gestire l’epidemia e le cure, come la Germania, e c’è chi è stato additato in negativo per sottovalutazione e politiche inappropriate, dagli USA al Belgio, dal Brasile alla Svezia e al Regno Unito: sono molti gli sbagli commessi, da cui bisognerà imparare per evitare di ripeterli in futuro.
Ma se, al posto dei commenti e dei giudizi, sempre politicamente condizionati, ci si ferma ai numeri, la realtà è più cruda ed impietosa nei confronti dell’Italia e, soprattutto, della Lombardia: la nostra regione si profila come il peggior caso, a livello mondiale, per tutti i parametri atti a definire l’impatto sanitario dell’epidemia. Lo rivela una nota di Legambiente Lombardia.
Nel confronto con gli altri Paesi, europei e non solo, tra quelli maggiormente colpiti dall’epidemia, la Lombardia è al primo posto per prevalenza della malattia nella popolazione (numero di contagi in rapporto alla popolazione), mortalità (numero di morti in rapporto alla popolazione) e letalità (numero di morti in rapporto ai contagiati).

 

Il dato peggiore è quello di mortalità: con 1,63 morti ogni 1000 abitanti la Lombardia ha una mortalità doppia rispetto al Belgio (il Paese con il dato nazionale peggiore), tripla rispetto alla Svezia, e 4,5 volte superiore al resto d’Italia. Ed è ormai drammaticamente noto che il dato della mortalità è molto sottostimato, non figurandovi oltre 10.000 morti rilevate da ISTAT nella sola Lombardia, su cui non è stata effettuata la diagnosi di positività all’infezione, ma che se conteggiate porterebbero il dato vicino alla cifra di 3 morti ogni 1000 abitanti, per un totale di oltre 28.000 morti attribuibili all’emergenza epidemica (inclusi i morti per patologie che non hanno potuto essere adeguatamente curati nella crisi ospedaliera).

“Su questi dati pesano sicuramente l’alta densità demografica e la precocità con cui l’epidemia si è presentata in Lombardia rispetto al resto d’Europa, ma questo non attenua il giudizio di impreparazione con cui il sistema sanitario della nostra regione si è fatto cogliere, una inadeguatezza su cui pesano le scelte della politica per un modello tutto sbilanciato a favore delle terapie ospedaliere, rivelatosi inadatto sui versanti del monitoraggio, della prevenzione e della medicina territoriale”, afferma Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia.

Se, come ormai sembra emergere con chiarezza, il virus ha potuto circolare molto tempo, addirittura mesi prima che venissero a luce i casi di Codogno, bisogna chiedersi come sia stato possibile che, in un quadro di allarme globale già dichiarato, i casi precoci siano potuti passare inosservati in una regione dotata di un sistema sanitario moderno.
Così come è doveroso chiedersi come sia stato possibile che i pronto soccorso, le case di cura e le RSA si siano fatte trovare sguarnite persino di dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario, quando ciò è indicato come misura prioritaria da tutti i piani pandemici, disponibili sia al Ministero che in Regione, rimasti nei cassetti nonostante l’emergenza proclamata.

Non si tratta di ripercorrere la cronaca drammatica dell’epidemia, né di attribuire pagelle o giudizi a governatori, ministri o assessori: il dato è esito di scelte assunte e perpetuate in diverse legislature regionali. Occorre prendere atto di una grave carenza diventata strutturale, che richiede una vera e propria ricostruzione di un sistema sanitario capace di prevenzione, monitoraggio e medicina di territorio. Un sistema che, in ottica One Health, prevenga le malattie a partire dalla loro origine, siano esse trasmissibili o meno, agendo sui comportamenti delle persone, ad esempio per quanto riguarda la mobilità e le scelte alimentari. Perchè dove esiste un sistema sanitario degno di questo nome, la salute non è un fatto privato, ma un bene comune. Occorre poi rimediare alle troppe inadeguatezze emerse in modo molto grave durante il lockdown, a partire da quelle a carico del sistema scolastico, dei servizi per l’infanzia e delle strutture per le disabilità: sono questi i fronti su cui investire risorse pubbliche.

La ricostruzione di un sistema della salute deve essere priorità assoluta per gli investimenti pubblici: abbiamo imparato la lezione o dobbiamo aspettare un’altra epidemia per capire che il sistema sanitario è un’infrastruttura necessaria al benessere ma anche all’economia di una Regione? – conclude Barbara Meggetto – non vediamo segnali di cambiamento né su questo fronte, né su quello ambientale. E’ sconcertante e sconfortante che in Lombardia si parli di ricostruzione mettendo in campo vecchie ricette, con nuove colate di cemento e le solite autostrade, dalla Pedemontana al TiBre, già bocciate dal mercato ma ancora presenti nella programmazione regionale. Sono altre le infrastrutture di cui abbiamo bisogno. Diamoci da fare per cambiare le priorità”

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