Verso il nuovo dpcm, ristoranti chiusi a Natale e Santo Stefano?

La possibilità è emersa ieri durante una delle tante riunioni. Sindacati dei medici: "Non allentare troppo le misure".

(red.) Quella di ieri, venerdì 27 novembre, è stata un’altra giornata di continue riunioni per imbastire la bozza del (o dei) nuovi decreti del presidente del Consiglio in vista del periodo natalizio. E mentre si va, come era stato annunciato, verso il mantenimento del coprifuoco alle 22 anche la vigilia di Natale e quindi il divieto di muoversi su tutto il territorio dalle 22 alle 6, sta avanzando anche un’altra ipotesi che ovviamente minerà ancora di più le tradizioni natalizie. Infatti, dalle riunioni è emerso anche che i ristoranti a Natale e Santo Stefano potrebbero restare chiusi, mentre potrebbero restare aperti solo fino alle 18 e nelle zone gialle.

Nel momento in cui si stanno definendo le misure, in certi casi anche più allentate rispetto a quelle stringenti, i sindacati dei medici chiedono di non ridurre troppo le misure in vigore per il rischio di non commettere gli errori della scorsa estate. E gli stessi medici sottolineano che se l’epidemia sta rallentando, tuttavia gli ospedali restano ancora sovraccarichi. Anche sul fronte della stagione sciistica si rafforza la volontà del Governo di tenere gli impianti chiusi per non favorire assembramenti: non tanto sulle piste, quanto nei luoghi di socialità. Ieri, venerdì, lo ha ribadito anche la ministra alle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli dicendo che “non esistono le condizioni sanitarie. Attorno allo sci ruotano altre attività potenzialmente pericolose per i contagi. Permettere gli spostamenti e una socialità legata a una vita vacanziera comporta un rischio tutt’altro che trascurabile, come purtroppo è stato ampiamente dimostrato in occasione delle passate vacanze estive”.

Nel frattempo sempre ieri è stato diffuso il nuovo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute (qui il documento) sulla situazione del contagio e dei ricoveri relativo al periodo dal 16 al 22 novembre. “La velocità di trasmissione dell’epidemia in Italia sta rallentando e ha raggiunto livelli di Rt prossimi a 1 in molte Regioni e province autonome. Inoltre, per la prima volta da molte settimane, l’incidenza (dati flusso ISS) calcolata negli ultimi 14 giorni è diminuita a livello nazionale. Questi dati sono incoraggianti – si legge nel monitoraggio – e segnalano l’impatto delle misure di mitigazione realizzate nelle ultime settimane, tuttavia si accompagnano ad un lieve aumento nelle ospedalizzazioni in area medica e in terapia intensiva con pressione ancora molto elevata sui servizi ospedalieri che complessivamente non è in regressione.

L’incidenza rimane tuttavia ancora troppo elevata per permettere una gestione sostenibile e il contenimento. Per questo motivo, è necessario raggiungere livelli di trasmissibilità significativamente inferiori a 1 consentendo una rapida diminuzione nel numero di nuovi casi di infezione e, conseguentemente, una riduzione della pressione sui servizi sanitari territoriali e ospedalieri. Dieci Regioni e province autonome sono ancora classificate a rischio alto o a esso equiparate, di queste, 9 sono state classificate a rischio alto ed equiparate a rischio Alto per 3 o più settimane consecutive.

Questo andamento non deve portare a un rilassamento prematuro delle misure o a un abbassamento dell’attenzione nei comportamenti. Si conferma la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone. È fondamentale – continua il report – che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile. Rimane essenziale evitare gli eventi aggregativi che, se effettuati, porteranno a un rapido aumento nel numero di nuovi casi”.

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