Coronavirus, così Brescia si attrezza tra ospedali e territorio

Ma sindacati lanciano l'allarme per gli operatori sanitari del Civile diretti a gestire due moduli alla Fiera di Bergamo.

(red.) La recrudescenza della pandemia da Covid-19 anche nel bresciano non sta provocando particolari problemi sull’offerta sanitaria nella nostra provincia. Tuttavia, la pressione è in aumento e si stanno già segnalando dei rischi in vista di quanto potrà capitare nelle settimane successive alla fine di ottobre. Non a caso i sindacati lanciano l’allarme dopo che l’ospedale Civile è stato indicato per gestire due moduli alla Fiera di Bergamo. E questo vorrebbe dire che diversi medici e operatori sanitari, probabilmente su turno, dovranno spostarsi dal proprio luogo di lavoro verso Bergamo per operare sui pazienti Covid che arriveranno nella struttura orobica.

Il disagio sta nel fatto che, se si è sempre parlato di base volontaria, l’urgenza potrebbe portare agli ordini. Con il rischio di privare le strutture del Civile di operatori sanitari che possano occuparsi non solo dei pazienti Covid, ma anche degli altri. E i sindacati sostengono il rischio di sovraccarichi di lavoro. Loro stessi parlano di personale stremato dopo l’esperienza della scorsa primavera e quindi chiedono alla Regione Lombardia di attivare soluzioni di alberghi per quanti da Brescia raggiungeranno Bergamo, ma anche turni non superiori alle 8 ore e con rotazioni di non oltre due settimane. Nel frattempo, sempre dal punto di vista delle strutture sanitarie, visto che geograficamente la Franciacorta è il territorio bresciano più vicino al milanese in questo momento in “guerra” con il virus, all’ospedale Mellini di Chiari la pressione sta aumentando.

Sono messi a disposizione 42 posti letto e di cui 18 occupati, con in arrivo altri pazienti in arrivo soprattutto dal milanese. Ma anche sul lago di Garda la situazione è in evoluzione dopo che a Desenzano sono stati registrati 25 nuovi casi positivi in un solo giorno, seconda solo a Brescia città. In ogni caso la struttura ospedaliera si è già adeguata dalla scorsa estate. Andando, invece, in Valcamonica, la situazione all’ospedale di Esine, punto di riferimento Covid, è stabile, con in arrivo anche una novità. Da lunedì 2 novembre, infatti, i tamponi potranno essere processati (fino a 400 al giorno) direttamente qui, rendendo le risposte agli esiti più facili e rapide.

Infine, sempre dal punto di vista diagnostico, in Lombardia si aprono anche i centri territoriali. “Partono le attività dei Centri diagnostici territoriali gestiti dagli specialisti delle nostre aziende sanitarie, con medici e pediatri di famiglia, infermieri di comunità, in collaborazione con le e amministrazioni comunali” ha annunciato ieri, venerdì 30 ottobre, l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera. “La definizione e il funzionamento degli hotspot territoriali rispondono ad un duplice obiettivo: integrare le prestazioni della medicina territoriale con quelle specialistico-ospedaliere offrendo così ai medici di medicina generale un punto di riferimento di prossimità verso cui indirizzare i pazienti che necessitano di un accertamento della patologia da coronavirus” ha detto.

Tre hotspot sono attivi nel bresciano con il coinvolgimento delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca), a cura dell’Ats di Brescia e delle Asst di Spedali Civili, Franciacorta e del Garda. “Il paziente inviato all’hotspot viene sottoposto all’attività diagnostica con visita specialistica adeguata e supportata con apparecchiature per ecografie e RX Torace. Lo stesso potrà, quindi, essere inviato a casa in tele-monitoraggio oppure, se necessario – ha detto – direttamente al ricovero in reparto saltando quindi il passaggio in pronto soccorso. Si tratta quindi di una risposta efficace, rapida e tempestiva. E che pone la persona al centro del percorso di diagnosi, cura e assistenza, nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione fra ospedale e territorio”.

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