Viva la libertà, il confine sottile tra politica e follia

La pellicola di Roberto Andò, tratta dal suo romanzo 'Il trono vuoto', con un magistrale Toni Servillo, si domanda dove sia finita la sinistra negli ultimi anni nella politica italiana.

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(red.) Il film scelto da quiBrescia.it per la recensione settimanale è “Viva la libertà” di Roberto Andò; voto: ** e mezzo.

di Daniel Gallizioli

In un’ Italia politicamente provinciale e apatica, il partito di opposizione, malgrado il suo ruolo secondario negli ultimi anni, cala vertiginosamente nei consensi e sembra non rialzarsi più da una crisi che ormai la trascina verso un baratro di immobilità e disillusione, senza possibilità di recupero.
Leader ormai consumato e frustrato di una sinistra che somiglia molto a quella della  più recente tradizione politica italiana, Enrico Oliveri (Toni Servillo) è un politico ormai depresso che, senza più carisma e passione, pare più l’ ombra di se stesso e trascina irrimediabilmente il partito verso una nuova sconfitta elettorale. Stanco e sconsolato, il Segretario si rende conto di tutto ma, ormai incapace di invertire questa tendenza e di far rinascere nel suo elettorato le speranze di un tempo, decide di fuggire, di auto esiliarsi per un breve periodo. Ritrovare l’ entusiasmo perduto e dimostrare ai suoi colleghi che senza di lui il partito non può far nulla, sono gli scopi di questo suo allontanamento volontario, che avverrà in Francia, da una sua vecchia amica, Danielle (Valeria Bruni Tedeschi).
Il movimento entrerà effettivamente in crisi e quest’ inaspettata mancanza ingiustificata rischia di alimentare i problemi già presenti all’ interno del partito. Sarà un’ intuizione geniale di Andrea Bottini (Mastandrea), il braccio destro di Oliveri, a ristabilire l’ ordine. Infatti quando il collaboratore si spingerà alla disperata ricerca del politico scomparso, conoscerà Giovanni Ernani (Servillo), fratello gemello di Oliveri, uomo dalla personalità istrionica e originale, intellettuale  e scrittore ma anche ex paziente di un ospedale psichiatrico, che accetta con leggerezza la proposta di sostituire il fratello per un breve periodo. Inaspettatamente Giovanni entrerà pienamente nel personaggio e (a suo modo) interpreterà il politico, indossando i panni di un riformatore convinto e colto rinnovatore, brillante oratore e trascinatore di masse, riuscendo a ribaltare i consensi e navigare spedito  verso la vittoria finale. Il tutto mentre il vero Oliveri, che viene presto a conoscenza della sua sostituzione,  tra nuove passioni e ritrovate emozioni, cerca e pare ritrovare se stesso.
Una commedia amara. Si  presenta in questo modo l’ ultimo film del regista (più conosciuto nel teatro che nel Cinema) Roberto Andò, che mette in scena il suo romanzo “Il trono vuoto”, vincitore del Premio “Campiello” 2012 come miglior opera prima. La pellicola, che segue perfettamente le dinamiche letterarie del libro, ha di fatto lo stesso incipit, che lo rende quasi un pamphlet satirico, cioè la domanda legittima di dove sia finita la sinistra negli ultimi anni, nella politica italiana. E il film, come il romanzo, mette in scena in modo asciutto e netto una crisi politica reale che riguarda il nostro paese e che viene interpretata paradigmaticamente dal protagonista Enrico Oliveri (che nel testo originale si chiama Salvatore)- Egli  è la maschera del fallimento, l’ antitesi della tradizione del suo partito, malgrado sopra la scrivania troneggi la  fotografia di Enrico Berlinguer. Una regia ben strutturata e consapevole riesce perfettamente ad alternare la sceneggiatura con un double plot legato ai due protagonisti che non si incontrano mai e che sono interpretati magistralmente da un enorme Toni Servillo, forse non nella sua massima interpretazione, ma che dà all’ intero film un’ identità ed una coerenza espressiva che solo con un grande attore  si sarebbe mantenuta. Buoni dialoghi e buona cura scenica impreziosiscono in vari momenti le sequenze dell’ intera pellicola, che si mostra coesa e armonica. Il finale smorzato esalta la narrazione e parallelamente anche l’ interpretazione di Servillo, che passa nella stesso momento dall’ austera e rigida  figura di Oliveri a quella spensierata e boccaccesca di Ernani. Un attore che in questo momento non ha eguali in Italia e che si muove con facilità fra i due ruoli, anche se l’ oscurità e la riservatezza gli sono più congeniali (come ad esempio ne “La ragazza del lago”), rispetto ad un approccio più ludico e spensierato al personaggio,  in cui non gli basta solo l’ espressività e infatti amplifica la recitazione usando molto il corpo e muovendosi molto. Buona anche la performance di Valerio Mastandrea che  si rivela sempre a ottimi livelli, dopo l’ eccellente  prova in “Romanzo di una strage” di Giordana, dove interpretò magistralmente il commissario Calabresi.
Un buon film, in concorso attualmente al Festival di Berlino, che si rivela uno dei più interessanti prodotti italiani di questo inizio anno, malgrado le lacrime del box office e che si innesta puntualmente alla vigilia delle elezioni, in piena campagna elettore.

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