“Bella addormentata” e il dramma dell’eutanasia

Il film di Bellocchio riprende la vicenda di Eluana Englaro, ragazza in coma vegetativo da 17 anni, per cui i famigliari chiesero di interrompere l’alimentazione forzata.

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Il film scelto questa settimana da quiBrescia.it per la recensione è “Bella addormentata” di Marco Bellocchio: voto: ***

Di Daniel Gallizioli

Italia, Febbraio 2009. La drammatica vicenda di cronaca di Eluana Englaro, ragazza in coma vegetativo da 17 anni, per cui i famigliari chiesero di interrompere l’ alimentazione forzata, considerandolo un inutile accanimento terapeutico, scatena un notevole dibattito sulle prime pagine di stampa e media, riversandosi anche nella politica nazionale, a cui spetta l’ arduo  compito di acconsentire o meno al volere della famiglia.
In questa delicata situazione sociale, il senatore Uliano Beffardi (Toni Servillo), deputato della maggioranza berlusconiana del periodo, decide di schierarsi contro la decisione del partito e di votare a favore dell’ interruzione terapeutica e conseguentemente di lasciare il suo ruolo , rinunciando ad una carriera politica superficiale e mistificante. Nel frattempo la figlia, Maria (Alba Rohrwacher), che dopo la morte della madre (anch’ essa tenuta in vita grazie a delle macchine) si è allontanata sempre più dal padre, decide di recarsi  a Udine, dove Eluana è ricoverata, per pregare e sperare nella sua sopravvivenza. Nel frattempo viene raccontata la vicenda di una madre, Divina Madre (Isabella Hupert), che ha sacrificato la sua vita e la sua carriera recitativa per assistere sua figlia in coma profondo e parallelamente la vicenda di Pallido (Bellocchio), un medico che decide di aiutare una tossico dipendente (Maya Sansa) che vuole togliersi la vita.
La propensione di Bellocchio verso un Cinema civilmente e socialmente militante e attivo anche in questa occasione non viene tradita e il regista veicola mediante gli occhi dei suoi personaggi un fatto di cronaca reale e moralmente complesso che ha riguardato l’ Italia intera. Riesce a farlo con un “triple” plot che mostra più possibilità interpretative e possibili posizioni personali davanti ad una questione delicata come quella dell’ accanimento terapeutico e interruzione delle cure per  stati vegetativi irreversibili. Senza retorica e demagogia, il racconto si presenta  schietto, coraggioso e coerente senza il timore di esprimere le proprie idee, grazie ad un’ onestà espressiva e una riflessività di forte impatto.
Tecnicamente la pellicola è ben curata e di attenta direzione: senza grandi virtuosismi ma pragmatica e ordinata (tipico stile di Bellocchio), con una messa in scena sempre molto puntuale e precisa che valorizza  i lievi movimenti di macchina. L’ impianto prossemico e l’ utilizzo dello spazio è attento  ed ordinato e il montaggio è fluido e, malgrado i vari intrecci, mai confusionario o sbrodolato. La recitazione dei personaggi è pulita e emozionale soprattutto nella performance di Toni Servillo, che nei panni del politico amareggiato e frustrato da ciò che ha intorno sembra nel suo habitat. Ottima anche l’ interpretazione della Huppert che vive perfettamente su di sé l’ emotività devastata ma apparentemente rigida di una madre integra ma infelice, toccando nel finale  un vertice espressivo e recitativo con la magnifica citazione di Lady Machbeth nel  gesto di lavarsi continuamente le mani  dal sangue durante il sonno, manifestando inconsciamente  la volontà di togliersi di dosso una colpa interiore, presumibilmente la sua impotenza davanti alla figlia inerme.
La sequenza della figlia del senatore è una buona cornice alle principali storie narrate (le due precedenti), mentre quella del medico appare più rigida e forzata delle altre tre, non riuscendo mai a convincere del tutto, anche se raggiunge anch’ essa dei buoni  livelli recitativi. La tendenza  polemica  e la critica politica tipica delle  pellicole Bellocchio anche in questo caso non si fa attendere e la satira emerge in modo lieve ma costante in più occasioni nei confronti delle maldestre dichiarazioni pubbliche di Berlusconi e nella  vanità di certi atteggiamenti politici e personali all’interno del partito del protagonista Beffardi.
Il finale può apparire spezzato e netto ma nell’ economia del film un finale incompleto ma riflessivo risulta  la direzione più consona per un’opera  del genere, che riesce a non  essere mai prevaricante e didascalica, lasciando grande libertà interpretativa allo spettatore. Ottima produzione italiana e ottimo ritorno al grande Cinema di un grande autore italiano, dopo alcuni anni qualitativamente discutibili. In concorso alla 69esima Mostra  del Cinema di Venezia.

 

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