Una Marilyn non inedita nel film di Curtis

Una bravissima Michelle Williams non riesce tuttavia a replicare la magia della star. Il film propone una visione un po' stereotipata dell'immagine della Monroe.

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La pellicola scelta da quiBrescia.it questa settimana fra quelle uscite nelle sale è “Marilyn” (regia di Simon Curis, Usa Uk 2011) voto: * e mezzo.
di Daniel Gallizioli

Scalpitante e spigliato, Colin Clark (Eddie Redmayne), malgrado l’ educazione ferrea  e elitaria  della famiglia, desidera lavorare nel Cinema e entrare nel mondo che lo affascina di più col mito delle enormi produzioni hollywoodiane di metà secolo, negli anni ’50 del ’900, in un’Inghilterra autoritaria ma che subisce il fascino di uno spettacolo cinematografico inebriante e frizzante che esplode nella prorompenza  di una delle sue più grandi interpreti, Marilyn Monroe.
Quasi per gioco e sfidando tutto e tutti, l’ aitante giovane, con pazienza e costanza, riuscirà ad entrare nel backstage di una importante commedia romantica inglese dell’ epoca, “Il principe e la ballerina”, film diretto ed interpretato da Sir Laurence Olivier, che vede come protagonista femminile lei, la più desiderata, la donna più famosa della terra, di cui lui stesso subisce il fascino: lei, Marilyn.
Per uno stravagante gioco del destino il giovane, da semplice terzo assistente di Olivier, instaurerà una piacevole amicizia con quell’ attrice così distante, così irraggiungibile, facendosi apprezzare da Marylin, piacendole, magari facendola innamorare. Una fiducia, quella instaurata fra i due, che aiuterà la star nelle riprese e nelle relazioni col cast, sempre più compromesse a causa di una personalità troppo insicura e sensibile, scossa da alcol, psicofarmaci e sonniferi.
Adattamento di Simon Curtis  del memoir di Colin Clark “My week with Marilyn”, che racconta, come in un diario, i momenti passati con l’ ttrice in quella settimana di riprese, dagli  istanti sereni a quelli complessi, dalle sensazioni personali e quelle della troupe.
Una pellicola che in poco più di un’ ora e mezzo (dei quali, per metà, la cinepresa segue soltanto Colin, poi offuscato dalla presenza della grande attrice), cerca di mostrare in pochissime scene vari aspetti della Monroe e di tutto ciò che gira intorno al backstage, che sicuramente emergono nell’ opera letteraria ma che rischiano di essere troppo semplicistici in quella cinematografica.
Abbiamo quindi una Mariliy che risulta essere il soggetto del film stesso, estremamente fragile, complicata, insicura delle sue capacità ma estremamente sicura della sua bellezza, del suo corpo e della sua sessualità. Tutte componenti che nella leggenda che la riguarda già si conoscono e che il film non fa altro che evidenziare, un’ altra volta, con scene istantanee che possono esprimere molto dal punto di vista scenico, (anche per la bellezza profilmica della scena), ma che d’ altra parte non arrivano a nulla profondamente e restano lì, senza dire molto, facendo da collante fra l’ una e l’atra sequenza narrativa.
Da una sceneggiatura che tuttavia si dimostra ben scritta e ben gestita nel complesso e che si basa in particolare su un diario personale, ci si aspettava qualcosa di diverso dalla classica idea veicolata modernamente su Marilyn Monroe: magari che si concentrasse  su qualcosa di particolare  che emerge dagli scritto di Clark e non sulla risaputa figura squilibrata di una star mondiale, vittima della sua stessa grandezza.
Il film si dimostra piacevole e dinamico anche grazie a un uso della cinepresa attento e puntuale, mistificato  però a volte da  alcuni primi piani nauseanti e da una regia prosaica che riesce bene nei momenti leggeri ma pecca in quelli intimi, delicati, vulnerabili.
Michelle Williams fa inaspettatamente un gran lavoro: interpretare la Monroe in un film in cui lei è la protagonista assoluta è un lavoro complicato e difficile, reso ancor più complesso dalla mancanza totale di immagini o filmati di repertorio, quindi ottimo la sua performance, anche se la brillantezza di Marilyn, quello splendore  che riusciva a rendere opaco tutto il resto dello schermo,  resta  unico in lei e impossibile da imitare.
Interpretazione riconosciuta all’ ultima celebrazione dei  “Golden Globe”, in cui l’ attrice ha infatti vinto il premio come “miglior attrice protagonista”, guadagnandosi anche una nomination agli Oscar. Ottima, pur essendo parzialmente offuscata, anche la prova  di Kenneth Branagh che nei complessi panni di Olivier non presenta alcuna sbavatura.
Una pellicola molto attesa che mantiene un grande fascino per i soggetti su cui è incentrata, ma che non affascina in egual maniera né per intreccio, né per regia o tecnica. Il rammarico sta proprio nel racconto della persona. Dopo questa pellicola Marilyn, che dà anche il titolo al film in Italia, è la stessa che già conosciamo mediaticamente, non è nulla di più o di meno della Mailyn di Joe Di Maggio, della Marilyn di “Happy Birthday Mr President” , di quella bella e impossibile di “Some like it hot”, o della Marilyn ottenebrata dalla droga e dall’ alcol, morta “suicida” a 36 anni.

 

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