Timken, speranza al lumicino per 106 addetti
La multinazionale ha ribadito la volontà di chiudere l'impianto di Villa Carcina. I sindacati chiedono il ricorso agli ammortizzatori sociali.
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(red.) Quattro ore di sciopero nelle aziende metalmeccaniche per solidarietà con i lavoratori della Timken di Villa Carcina, a Brescia, che rischiano il licenziamento.
Lo hanno indetto le sigle sindacali dopo l’annuncio, a bruciapelo, da parte della multinazionale statunitense, di chiudere l’attività dello stabilimento bresciano. A rischio ci sono 106 posti di lavoro.
Nonostante l’intervento della politica, con un’interrogazione parlamentare a firma della deputata del Pd, Marina Berlinghieri, e nonostante il ministro del Lavoro, Andrea Orlando si sia detto pronto ad aprire un tavolo di contrattazione con l’azienda, sembra che il margine di speranza sia molto risicato. Almeno, in base a quanto affermato nella videoconferenza, che si è svolta nel pomeriggio di mercoledì, da Andy Dillon, direttore europeo Timken, il quale ha lasciato poco spazio alla possibilità di un ripensamento.
I sindacati, durante il confronto con i vertici della Timken, hanno chiesto che si faccia ricorso, almeno, agli ammortizzatori sociali ordinari, trenta mesi di contratto di solidarietà.
Nella videoconferenza svoltasi mercoledì, il segretario della Fiom Antonio Ghirardi, con i rappresentanti sindacali, il sindaco di Villa Carcina Moris Cadei, il delegato per la Provincia Andrea Ratti, il presidente della Comunità montana Massimo Ottelli, il parroco del paese don Cesare si sono confrontati con i vertici aziendali i quali hanno ribadito che la fabbrica triumplina non sarebbe più competitiva sul mercato internazionale e si sono detti disposti al ricollocamento del personale nelle altre aziende del gruppo.
Al momento, dopo il brusco annuncio della chiusura, non sono ancora state formalizzate le procedure di licenziamento. Un minimo spiraglio, mentre la protesta permanente davanti ai cancelli della Timken prosegue.
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