Vallosa, Pianera e Pianerino, tre bombe ambientali da disinnescare

L'intervento di Daniele Pigoli mette il dito nella piaga. Il problema della Caffaro non riguarda solo la città, ma anche le tre discariche in Franciacorta dove per anni sono stati stoccati gli scarti della lavorazione.

Almeno dal 2005, per anni mi sono occupato di tematiche ambientali e di politica locale, essendo stato, prima,cofondatore e coordinatore del Comitato Salute e Ambiente di Ospitaletto e, successivamente, cofondatore e coreferente dell’Associazione “CivicaMente –Cittadini di Ospitaletto”. Da metà del 2017 ho scelto di “appendere le scarpe al chiodo”, come si suole dire, deluso profondamente dall’insipienza dei decisori politici, ma anche dall’indifferenza generalizzata di gran parte dei miei concittadini.
Da allora non mi occupo più attivamente delle tematiche politico-ambientali, ma ciò non significa che non abbia continuato ad interessarmene. Nelle ultime settimane, con il sequestro da parte della magistratura degli stabilimenti Caffaro di Brescia, le questioni PCB e del SIN Caffaro sono tornate alla ribalta dell’attenzione mediatica e giornalistica; spero lo siano diventate altrettanto nell’opinione pubblica.

Prima del “botto” avvertitosi con il sequestro, e anche in questi giorni, alla ribalta locale è apparsa la questione delle discariche Vallosa, in territorio di Passirano a ridosso del casello autostradale di Ospitaletto, e delle discariche della Pianera e del Pianerino, nel Comune di Castegnato, tutte facenti parte del SIN Caffaro, in quanto lì vennero per anni, se non per decenni, interrati abusivamente fanghi, peci ed altri materiali di scarto delle lavorazioni degli stabilimenti Caffaro, contenenti enormi quantità di PCB e PCT, nonché metalli pesanti.
Pur inserite nel sito di interesse nazionale Caffaro, di fatto, le tre discariche sono “figlie di un Dio minore”, rispetto al grande problema dell’area nella città di Brescia, sia in termini di attenzioni, sia in termini di risorse economiche destinate o destinabili alla loro bonifica e/o messa in sicurezza.

Che il PCB della Caffaro fosse fuori dall’uscio delle case dei cittadini di Ospitaletto, Castegnato e Passirano, lo scrissi già nell’aprile del 2008 dalle pagine del blog del Comitato Salute e Ambiente di Ospitaletto, invitando i sindaci dei tre Comuni ad agire e, finché si era ancora in tempo, a costituirsi in giudizio contro la Caffaro S.p.A. per i danni provocati.
Ripresi nuovamente l’argomento, dal sito dell’Associazione Civicamente – Cittadini di Ospitaletto, nel 2013, sottolineando come i cittadini dei tre comuni avessero il diritto di sapere cosa avessero fatto i loro amministratori per tutelare la salute pubblica, messa a repentaglio dal PCB stoccato alla Vallosa, alla Pianera e al Pianerino.
Ma tanto nel 2008, quanto nel 2013, dalle amministrazioni comunali di Ospitaletto, Castegnato e Passiranosi percepii solo un fragoroso silenzio.

Di recente, a Castegnato è stato portato a termine il “capping” dell’area della Pianera, ovvero si è messo un cappello di cemento sulla discarica, che avrebbe lo scopo di evitare che l’acqua piovana possa dilavare i materiali contaminati da PCB lì interrati, portandone gli inquinanti nelle falde acquifere. A quanto è dato sapere, del materiale presente nella discarica Pianerino ancora non è nemmeno stata eseguita la caratterizzazione.
Ora, analogo intervento di “capping”, con il medesimo obiettivo postosi per la Pianera, sarebbe in progetto per la discarica Vallosa di Passirano, con una spesa stimata in circa 3milioni di euro, non essendo al momento reperibili risorse per almeno 60-70 milioni di euro che sarebbero necessarieper una bonifica radicale.

Da parte di Legambiente Circolo della Franciacorta sono state sollevate moltissime obiezioni su tale scelta e sono anche stati presentati esposti e diffide a vario livello; anche da parte di esponenti delle opposizionidi centro-destra e destra nei consigli comunali di Ospitaletto Castegnato e Passirano sono state presentate interrogazioni ai rispettivi sindaci che, riprendendo sostanzialmente le obiezioni avanzate da Legambiente, chiedevano di riconsiderare una scelta ritenuta inutile e sbagliata, dando anche modo alla cittadinanza di essere informata chiaramente sugli interventi in progettazione.
Pochi giorni fa, ho letto la risposta congiunta dei tre sindaci alle interrogazioni delle opposizioni, a fronte della quale sono rimasto allibito e ho quindi deciso di intervenire con queste righe, interrompendo temporaneamente il mio “ritiro a vita privata”.

In prima battuta, mi verrebbe da invitare i tre sindaci a farsi un bel bagno. Non certo in acqua, data anche la stagione invernale, no di certo. Un bel “bagno di umiltà”, questo sì, farebbe loro un gran bene!
Di fronte a riflessioni e considerazioni su un tema così importante, qual è la tutela della salute dei propri concittadini (siano esse originate da istanze proprie o facendo proprie istanze ambientali da altri già avanzate), come si può essere così arroganti da bollare queste interrogazioni delle opposizioni consiliari come “polemica fine a sé stessa”?
Basta che un’idea, una proposta o una riflessione venga dalla parte politica avversa perché sia sbagliata o sia solo sterile polemica? Non nutro alcuna simpatia politica per il centro-destra e la destra e, conseguentemente, non stimo automaticamente valide e rilevanti le considerazioni che da tali forze politiche provengono. Mi ritengo però sufficientemente obiettivo per poterle valutare e considerare, cercando di cogliere la portata delle stesse quale positivo contributo di riflessione alle valutazioni sul da farsi, col fine ultimo di assicurare alla cittadinanza il meglio delle soluzioni possibili.

Mi pare stolida e, ripeto, arrogante la minimizzazione da parte dei sindaci dei documenti presentati dalle opposizioni. La quantità e lo stato dei rifiuti industriali presenti nelle discariche in questione rendono i siti interessati delleveree proprie “bombe chimiche”, ormai innescate da quasi mezzo secolo (si veda la ricerca e la denuncia con la quale il Collettivo Politico Nuova Sinistra di Passirano, nel gennaio-febbraio 1980, ripercorse le tappe della genesi della discarica a partire da inizio anni ’70), pronte ad esplodere da un momento all’altro, senza che nel frattempo siano rimaste comunque dormienti, con il loro carico di tonnellate e tonnellate di fanghi, peci ed altri materiali di scarto delle lavorazioni degli stabilimenti Caffaro, contenenti enormi quantitàdi PCB e PCT, nonché metalli pesanti, altamente cancerogeni.

Non solo Vallosa, ma anche Pianera e Pianerino sono da considerare allo stesso modo, anche se qualcuno afferma che per le due discariche di Castegnato la situazione è diversa. Una nota interna all’amministrazione comunale di Brescia, senza data, ma presumibilmente del 1976, citata da Marino Ruzzenenti in una sua nota del 2 agosto 2001 che anticipava la pubblicazione del volume “Un secolo di cloro…e PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia” (Jaca Book, ottobre 2001), riportava infatti notizie particolarmente circostanziate sui rifiuti solidi prodotti dalla Caffaro, i quali: “a mezzo Ditta Sgarzerla vengono depositati nelle cave di:
1. Travagliato: Cloruro ferrico, prodotto degradabile; Q.li 320 al mese salamoia, possibilità o certezza della presenza di Mercurio; Perborato di sodio, ossia polvere calcarea e silicea; Clorato di sodio, scarto che può incendiarsi per sfregamento o percussione con altri corpi;
2. Castegnato: Peci di Fenclor [PCB]: 70 q.li mese; Peci di Cloresil [PCT]: 50 q.li mese.
Nota: Rifiuto Peci [se ne descriveva la pericolosità allora sconosciuta]
Questo è solo quanto si sa di queste sostanze. Resta da dire il fatto che lesostanze scaricate dalla Caffaro non sono ben identificate riguardo alla composizione e alla natura di tutti i componenti […] Pertanto allo stato attuale nulla vieta di considerare questa sostanza estremamente pericolosa riguardo al rischio di mutazioni indotte sugli organismi che ne vengono a contatto”.

Già ad inizio anni ’80 la situazione delle discariche in territorio di Castegnato era nota all’amministrazione di quel comune, tant’è che, in una interrogazione parlamentare presentata alla Camera dei deputati il 17 gennaio 1983, l’on. Corleone del Partito radicale scriveva: “che bidoni contenenti residui di lavorazionedi prodotti della Caffaro, fra i quali peci ricche di PCB, sono stati scaricati per molti anni e perlomeno fino al 1976 nella zona della provincia di Brescia denominata «Franciacorta», come affermato anche dal sindaco del comune di Castegnato (Brescia) in un esposto presentato alla pretura di Brescia”.

La realizzazione del “capping”, i “cappelli di cemento” posti sulle discariche per evitare che l’acqua piovana entri in contatto con i rifiuti, facendo arrivare gli inquinanti nella falda, a detta dei tre sindaci, sarebbe l’unica via attuabile e costituirebbe la prima di tre fasi (capping, cinturazione impermeabile perimetrale, barriera di fondo) per la messa in sicurezza definitiva dei siti, “compatibilmente con le risorse disponibili”.
Anche se quel progetto “è stato valutato positivamente dal tavolo tecnico e dall’ISPRA”, sullo stesso perplessità sono state avanzate dalla Prefettura e dall’ARPA, che nelle sue analisi afferma: “La situazione della Vallosa (ma anche della Pianera e del Pianerino, aggiungerei io) rappresenta una delle maggiori criticità del territorio bresciano e, come già ribadito negli anni, le attività di capping rappresentano solo un primo passo necessario, ma non sufficiente, per la risoluzione dell’annosa problematica”.

Non sono un tecnico, non sono un funzionario dell’ISPRA e nemmeno dell’ARPA, ma a me sembra che, condizionati dalle “risorse disponibili”, si corra il rischio più di sprecare le poche ora disponibili, che di giungere a risoluzione dell’inquinamento incombente su Ospitaletto, Castegnato e Passirano (ma se fossi un cittadino dei comuni a sud est di quest’area, per esempio Travagliato, sarei altrettanto preoccupato, dato che le falde acquifere sotterranee corrono su quella direttrice).
Ho l’impressione che si stia realizzando il tetto (il capping), senza prima aver realizzato le pareti che circoscrivano l’edificio (la cinturazione impermeabile perimetrale) e, prima ancora, le fondamenta e l’isolamento dal terreno sottostante (la barriera di fondo).

Va bene che, ormai, il nostro mondo gira alla rovescia, ma più di una perplessità un simile percorso le solleva! La questione vera da affrontare, a mio modesto parere, non è quella di fare quel che si può con quel che si ha, ma di muoversi con i passi e nelle direzioni opportune per far si di poter disporre delle risorse necessarie per fare quel che realmente serve: una bonifica radicale definitiva.
Gli stessi sindaci affermano che la bonifica “avrebbe il vantaggio di eliminare tutte le sorgenti di contaminazione, a fronte tuttavia di un elevato impatto ambientale e di insostenibili costi, pari a circa 60-70 milionidi euro”.
Sommessamente, mi permetto di osservare che, per tanto che una bonifica possa avere un elevato impatto ambientale, non ne avrà mai quanto quello che l’inquinamento da questi veleni, posti a ridosso delle colture e in prossimità delle falde acquifere, ne sta dando da mezzo secolo.

A fronte di risorse scarse, a mio modo di vedere, si deve cercare il modo di incrementarle e, in ogni caso, di averne a disposizione quante più possibile. Non credo sia una buona scelta, a favore e a tutela dei propri concittadini, autolimitare il tipo e il costo dei propri interventi per lasciare risorse, stanziate a livello nazionale per il SIN Caffaro (e quindi anche per Vallosa, Pianera e Pianerino), a Brescia “che ne ha più bisogno”, come ho letto abbia dichiarato il sindaco di Castegnato. È assolutamente necessario invece che tutti, ripeto tutti, si pongano l’obiettivo della bonifica definitiva dei tre siti e che, se ora i costi sono insostenibili, rispetto alle risorse disponibili, tutti si spendano per recuperarne il più possibile.

È importante che in questo i sindaci dei tre comuni scendano dal loro piedistallo dorato, abbandonino le loro sicumere e accettino che, anche dalle opposizioni, possano giungere proposte, contributi, e collaborazione, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli.
Al rovescio la riflessione vale anche per le opposizioni; in questo momento serve unità d’intenti, per il bene delle nostre comunità, non le contrapposizioni di parte, come la recente manifestazione della Lega davanti alla Caffaro con striscioni che imputavano il sindaco di Brescia di fallimento sulla questione.
In conseguenza della grave pandemia che ha colpito tutti i paesi, la Commissione Europea si appresta ad assegnare all’Italia risorse economiche mai viste prima d’ora, la maggior parte delle quali da destinare ad interventi nel settore ambientale. La destinazione di tali risorse sarà definita dal governo nel “Recovery Plan” e, ora più che mai, serve che le forze in campo uniscano le loro forze, per far si che, all’interno delle previsioni del piano, possano giungere le risorse che fino ad ora si riteneva impossibile di poter disporre.
Maggioranze ed opposizioni, forze politiche e associazioni ambientali unirono le loro forze anche quando si trattò di contrastare la realizzazione da parte di A2A della “Discarica Bosco Stella”e quell’unità d’intenti portò a vincere la partita.

Questo è il momento di avere coraggio ed agire all’unisono, per il bene delle nostre comunità. Ogni forza politica, ogni associazione, senza con questo rinnegare nulla della propria specificità, deve anteporre l’interesse generale a quello di parte e, per quanto in suo potere, deve sfruttare ogni canale ed ogni contatto disponibile per poter inserire la bonifica dei siti della Vallosa, della Pianera e del Pianerino, per quanto attiene ai nostri comuni, e dell’area Caffaro, per quanto riguarda la città, tra le priorità da finanziare con parte dei fondi che arriveranno dall’Europa.
Non è un sogno e nemmeno un’utopia; se ci si crede e si vuole realizzare, l’obiettivo è raggiungibile. Del resto, il momento per cercare di raggiungerlo è quello propizio, “se non ora, quando”? Riprendendo le parole pronunciate nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio dei ministri, prof. Draghi;anche a livello locale: “Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere”.

Daniele Pigoli – Ospitaletto

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