Traffico illecito di rifiuti, sequestro alla General Rottami di Montichiari

La Polizia Stradale ha messo i sigilli all'azienda. Invece di riciclare i rifiuti li rivendeva così con pcb e polveri.

(red.) Avrebbe dovuto rendere “non rifiuti” i materiali che riceveva in un’ottica di economia circolare e invece dalla fabbrica uscivano nella stessa maniera con cui erano entrati e portando a ingiusti guadagni per l’azienda utilizzatrice. Per questo motivo la Polizia di Stato ha posto i sigilli alla General Rottami di Montichiari, nella bassa bresciana, nelle ore intorno a giovedì 20 febbraio. L’attività di indagine – si legge nella nota di Polizia – ha avuto inizio per accertare l’operatività di un fiorente traffico illecito di rifiuti. Dalle prime investigazioni sono emerse numerose anomalie nella modalità di esecuzione delle lavorazioni e delle operazioni preliminari sul trattamento dei rifiuti dell’impianto dell’impresa che è titolare di un’autorizzazione unica ambientale.

Per meglio comprendere le attività che realmente venivano svolte nell’opificio, gli agenti hanno installato telecamere per monitorare e documentare le operazioni eseguite sia all’esterno che all’interno del capannone industriale. Nel corso dell’attività gli investigatori hanno avuto modo di ricostruire gli illeciti commessi dalla società e la sua interconnessione con altre società di gestione e trattamento di rifiuti speciali, accertando l’esistenza di un vero e proprio sodalizio criminale tra imprenditori. Determinanti sono state le attività di ispezione, perquisizione e sequestro effettuate sia presso le abitazioni dei principali indagati sia presso gli impianti posti sotto attenzione. Negli opifici, con l’ausilio di un consulente tecnico nominato ad hoc dalla procura – continua la nota – sono state rilevate numerose irregolarità che andavano ad avvalorare i riscontri investigativi e ad accertare inottemperanze alle prescrizioni imposte nelle autorizzazioni amministrative.

Gli elementi acquisiti sono stati poi confrontati con le videoriprese: ciò ha reso possibile ricostruire in modo minuzioso e preciso l’intera filiera, comprovare l’inottemperanza di controllo in fase di accettazione del rifiuto, la mancanza di qualsiasi attività di trattamento del rottame e la miscelazione dello stesso con rifiuti diversi, costituiti principalmente da terreno contaminato da Pcb o da sostanze polverose. Dall’attività investigativa è scaturita la richiesta al giudice, da parte del magistrato Mauro Leo Tenaglia, di sequestro preventivo e nomina di un amministratore giudiziario. Il giudice ha quindi emesso misure nei confronti di tredici persone e notificate da parte della Polizia giudiziaria della Stradale di Brescia e portando al sequestro preventivo dell’impianto di trattamento rifiuti e al sequestro di 15 veicoli di proprietà della società.

Il meccanismo generale di un’economia circolare nel gestire un rifiuto prevede che un’impresa si offra sul mercato per fare attività di recupero di rifiuti che riceve da molteplici conferitori. Ma in questo caso, invece di trasformarli in un “non rifiuto” (o End of Waste) li rivende tali e quali al successivo utilizzatore godendo di un ingiusto risparmio di costi a scapito dei principi di tutela e salvaguardia dell’ambiente. Ciò che esce dall’azienda è identico a quello che è entrato, senza aver operato alcuna attività di recupero, cambia solo la sua carta d’identità. Infatti il rifiuto viene fatto uscire dall’impianto sotto le mentite spoglie di “End of Waste” e quindi accompagnato da un normale documento di trasporto invece che dal previsto formulario identificazione rifiuti. La gestione della General Rottami presenta l’ulteriore e ancor più pericolosa variante del “sandwich”, poiché al rifiuto non recuperato gli indagati aggiungevano ulteriori rifiuti, nel caso di specie, terreno contaminato da Pcb o sostanze polverose, occultati e miscelati all’interno del carico in uscita e quindi destinati all’utilizzatore finale.

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