“Basta. Lasciateci lavorare”: anche a Brescia la rabbia dei pubblici esercizi

La protesta di Natale lanciata a livello nazionale coinvolge anche la provincia di Brescia.

(red.) «Basta al caos normativo degli ultimi mesi che continua a penalizzare le imprese del settore degli esercizi pubblici; basta ad un Governo che continua ad aprire e chiudere le nostre attività come fossero degli interruttori senza trovare un modo per tutelarle. Lasciateci lavorare». È il grido di rabbia ed esasperazione lanciato in tutt’Italia dai ristoratori e gestori dei pubblici esercizi italiani e condensato in un manifesto firmato congiuntamente da Fipe Confcommercio e Fiepet Confesercenti, le principali associazioni di rappresentanza dei pubblici esercizi, affiancate dalla FIC – Federazione Italiana Cuochi.

 

La protesta di Natale lanciata a livello nazionale coinvolge anche la provincia di Brescia: «22 DPCM, 36 Decreti Legge, 160 giorni di chiusura, un numero imprecisato di ordinanze regionali, una differenza impressionante fra quanto annunciato e quanto attuato. – si legge nel documento di Fipe e Fiepet – Basta! Questo diciamo ad un governo che si prende il diritto di vietare il lavoro delle nostre imprese, senza trovare una strada per tutelarle. Siamo esausti e Increduli».
«Condividiamo pienamente l’iniziativa – afferma il presidente di Confcommercio Brescia Carlo MassolettiI circa settemila pubblici esercizi della Provincia di Brescia stanno vivendo una situazione drammatica che il Governo ha ulteriormente aggravato con provvedimenti contraddittori e penalizzanti per la categoria».

«I pubblici esercizi – aggiunge il direttore di Confesercenti della Lombardia Orientale Stefano Boni – hanno dimostrato nei mesi precedenti di lavorare prestando la massima attenzione alla sicurezza dei propri clienti e dei propri dipendenti. Risulta pertanto incomprensibile questo nuovo stop in un periodo dell’anno che vale circa un terzo del fatturato annuo».
Non è possibile che questa categoria venga utilizzata come capro espiatorio per inefficienze del sistema politico. È tempo che ci si renda conto che in gioco c’è il lavoro e l’esistenza di persone e famiglie. Il rischio di non riaprire a gennaio, quando forse le misure restrittive cesseranno, è per molti elevatissimo.

Al Governo, i pubblici esercizi italiani chiedono invece un altro tipo di DPCM: Dignità, Prospettiva, Chiarezza e Manovra. La dignità di attività essenziali e sicure; la prospettiva di un piano di riqualificazione e sviluppo; la chiarezza sui tempi di riapertura a gennaio; una manovra correttiva che garantisca indennizzi adeguati sulle effettive perdite, sostegno all’indebitamento, risoluzione dei problemi di locazione.

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