Omicidio Ziliani, riprende il processo al “trio criminale”

In aula la relazione del medico legale che ha eseguito l'autopsia sul corpo della ex vigilessa 55enne, uccisa dalle due filie e dal fidanzato di una di esse, nel maggio del 2021.

Brescia-Temù. E’ ripreso a Brescia, nella mattinata di giovedì 2 febbraio il processo a carico del cosiddetto “trio criminale”, composto da Silvia e Paola Ziliani e da Mirto Milano, accusati dell’omicidio volontario e dell’occultamento di cadavere di Laura Ziliani, 55enne ex vigilessa di Temù (Brescia), madre delle due ragazze imputate, uccisa nel maggio del 2021 e trovata cadavere tre mesi dopo la denuncia di scomparsa nel paese camuno.
I tre alla sbarra hanno confessato il delitto e, dopo le testimonianze in aula raccolte nel corso della prima udienza, in cui sono sfilati davanti alla corte i primi testimoni, tra cui anche l’anziana madre della Ziliani e il compagno della vittima, nella mattinata del 2 febbraio è stata esposta la relazione del medico legale Andrea Verzeletti, primario di Medicina Legale degli Spedali civili di Brescia.
Il dottore ha dichiarato che sul corpo di Laura non erano presenti lesioni nè fratture ossee, affermando che, pur non potendo stabilire con esattezza il giorno e l’ora del decesso della donna, la data sarebbe quella tra il 7 e l’8 maggio, quando cioè la Ziliani fu vista viva in paese e che sarebbe stata sepolta subito dopo l’omicidio.

Laura Ziliani

Verzeletti ha poi dichiarato che nel corpo della vittima c’erano tracce di «tre diverse benzodiazepine» con «concentrazioni sicuramente inferiori rispetto a quelle presenti al momento del decesso». L’ipotesi formulata dai medici legali è che Ziliani «avesse ridotte capacità di reazione per effetto di queste sostanze mescolate tra loro» e che «sia stata soffocata con un cuscino o con un sacchetto».
Un’analisi che concorda con la versione fornita dagli imputati nelle loro diverse confessioni. Inoltre il corpo sarebbe stato esposto agli agenti atmosferici solo qualche giorno prima del ritrovamento causale, validando così l’ipotesi che sia stata la piena del fiume Oglio a far riemergere il cadavere che, al momento della scoperta si presentava in un buono stato conservativo, quasi fosse “mummificato”, ovvero tenuto per lungo tempo in un luogo al riparo dalle intemperie.

 

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