Caso Bozzoli, riprende forza l’ipotesi del forno fusorio

Per la consulente della difesa il corpo dell'imprenditore sarebbe potuto bruciare in due ore e mezza. La Procura modifica il capo di imputazione relativo alla distruzione del cadavere. Processo aggiornato all'8 settembre. Sentenza prevista tra 29 e 30 settembre.

Marcheno. Prosegue il processo per la scomparsa dell’imprenditore di Marcheno (Brescia) Mario Bozzoli, di cui non si hanno più tracce dall’8 ottobre del 2015 e per la cui morte è imputato il nipote Giacomo.
E lo fa (ri)prendendo le mosse dalla perizia sul forno fusorio disposta dalla procura per appurare quali effetti, interni ed esterni, derivassero dalla combustione di un corpo all’interno di un forno da fonderia.
Un esperimento che ha sollevato una ridda di polemiche da parte del mondo animalista, per l’utilizzo di un maiale che è stato cremato per effettuare la comparazione.

La pubblica accusa ha quindi “ripescato” l’ipotesi che il corpo dell’imprenditore possa essere stato fatto sparire nell’impianto della fonderia di Marcheno. Una suggestione che era stata inizialmente valutata e poi messa da parte, ma che, dopo le risultante dell’ esperimento giudiziale ha ripreso consistenza.

Mercoledì la pubblica accusa, al termine di un’udienza durata oltre sei ore, ha modificato il capo di imputazione relativo alla distruzione del cadavere. Se, infatti, la prima ipotesi degli inquirenti era quella che il nipote, dopo avere ucciso lo zio, lo abbia portato all’esterno dell’azienda per nasconderlo dopo averlo trasportato in auto, ora a questa si affianca l’ipotesi che il cadavere possa essere stato distrutto nel bagno fusorio «adagiandolo su un letto di metallo fuso anche avvalendosi di terze persone».

mario bozzoli

Una decisione che si basa sulle risultanze della perizia effettuata lo scorso 27 aprile sulla carcassa del suino utilizzato nell’esperimento: secondo il perito incaricato dalla procura di Brescia, Camilla Tettamanti, medico legale all’Università di Genova, «un corpo con le caratteristiche fisiche di Mario Bozzoli poteva essere inserito all’interno del complesso cappa/crogiolo del forno più grande della fonderia Bozzoli. L’esperimento ha permesso di dimostrare come l’introduzione di un corpo all’interno del forno fusorio non sia destinato inevitabilmente a provocare una esplosione».
Secondo il medico legale «per arrivare alla distruzione completa del cadavere nel forno ci sarebbero potute volere due ore e mezza». La mancanza di tracce di Dna, riscontrate nella prima perizia affidata all’anatomopatologa Cristina Cattaneo, si scontra, in un questo nuovo test, secondo il perito, con «la difficoltà, se non l’impossibilità, di individuare tracce di Dna a causa dell’alta temperatura, 950 gradi, che avrebbe distrutto il materiale biologico».

Non la pensano così i legali ed i periti della difesa per i quali sarebbe opportuno un confronto tra le due professioniste (Cattaneo e Tettamanti) che sono giunte a conclusioni diametralmente opposte.
Anche la fumata anomala registrata in fonderia proprio la sera dell’8 ottobre non dimostrerebbe la cremazione del corpo di Bozzoli, poichè, secondo i consulenti della difesa, si sarebbero prodotti «circa 130 metri cubi di vapore», inferiori rispetto alla nube che si era sollevata quella notte in fonderia.
E sulla mancanza di Dna i tecnici di parte sostengono che, essendo volubile, poteva trovarsi sulla cappa di aspirazione. Ipotesi scartata decisamente dalla consulente della Procura.

L’udienza, a seguito della modifica del capo di imputazione, è stata aggiornata all’8 settembre, quindi la discussione il 28 settembre e sentenza prevista tra il 29 e il 30 settembre.

 

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