Caso Bozzoli, maiale nel forno: fumo ma nessuno scoppio

Effettuato nel pomeriggio di mercoledì il test giudiziale disposto dal Tribunale di Brescia volto a verificare le condizioni sviluppate da un forno fusorio al cui interno venga bruciato un corpo.

Brescia. E’ stato effettuato nel primo pomeriggio di mercoledì 27 aprile, nella fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo (Brescia), il test giudiziale disposto dalla Corte d’Assise di Brescia per verificare quali condizioni esterne ed interne si verifichino con la bruciatura di un corpo in un forno fusorio.
Il punto di partenza è la scomparsa di Mario Bozzoli, imprenditore 50enne di Marcheno, contitolare dell’omonima fonderia, misteriosamente scomparso l’8 ottobre del 2015, e per la cui morte è imputato il nipote Giacomo. L’assunto da cui partiva l’esperimento si basa sull’ipotesi che il corpo di Bozzoli possa essere stato bruciato e quindi fatto “sparire” nel forno della sua azienda dopo l’omicidio.

L’esperimento, effettuato utilizzando il cadavere di un maiale, punto che ha sollevato una ridda di polemiche nel mondo animalista, in presidio davanti alla fonderia di Provaglio, con bandiere e slogan, ha rilevato che un forno, con all’interno un corpo non scoppia, ma produce una fumata biancastra: il cadavere del suino, di circa 13 chilogrammi, appena inserito nel forno con temperatura oltre gli 800 gradi, ha prodotto una fiammata e ha generato un odore di carne bruciata.
Bozzoli potrebbe quindi essere stato cremato nel forno fusorio di Marcheno, più grande rispetto a quello di Provagli e con un impianto di aerazione molto più potente. I figli di Mario, la sera dell’8 ottobre, si recarono a cercare in fonderia il padre, attorno alle 23,30, quattro ore dopo l’ultimo contatto con il 50enne che avrebbe dovuto recarsi, la sera stessa, al ristorante con la moglie. In quel lasso di tempo la cappa aspiratrice del forno avrebbe potuto quindi assorbire tutto l’eventuale acre odore della cremazione del corpo.

Il perito del giudice ha prelevato alcuni campioni di Dna sull’animale bruciato, così da ricercare le tracce del medesimo profilo genetico dell’animale carbonizzato nel forno.
Al test hanno preso parte sia l’accusa, sia la difesa, con la presenza sul posto dell’unico imputato, Giacomo Bozzoli e, anche, della moglie dell’imprenditore scomparso, Irene Zubani, la prima a puntare il dito contro il nipote, accusandolo dell’omicidio dello zio.

 

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