Tentò estorsione con metodi mafiosi, 3 anni di carcere

Condanna in primo grado con rito abbreviato per Roberto Franzè, calabrese residente nella bergamasca che cercò di ottenere 100mila euro dai titolari bresciani di un'azienda di confezioni.

(red.) Aveva tentato, a scopo di estorsione, di ottenere100mila euro dai titolari bresciani di un’attività di confezioni con sede nella bergamasca e, un anno fa, era stato arrestato con altre due persone, ritenute complici,  il 56enne Giuseppe Familiari di Chiari e il 46enne Massimo Mondini di Erbusco.

Per quei fatti Roberto Franzè, 45 enne calabrese residente a Pumenengo, in provincia di Bergamo, martedì è stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, a 3 anni di carcere. La pubblica accusa ne aveva chiesti sei.

L’uomo doveva rispondere di tentata estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso ai danni dei titolari dell’azienda in cui aveva prestato lavoro la fidanzata di Franzè, poi licenziata. Il denaro era stato richiesto a titolo di risarcimento per la chiusura del rapporto lavorativo avvenuto quando la donna era in maternità.

L’uomo, secondo gli inquirenti, avrebbe minacciato le vittime affermando di avere precedenti penali “importanti” e di essere in contato con esponenti della criminalità organizzata. Le minacce e la richiesta di denaro sarebbero andate avanti per diversi mesi, finchè i titolari dell’attività non hanno sporto denuncia alla Direzione antimafia di Brescia.

Franzè è stato anche condannato a 100 euro di multa e ad un risarcimento di 10mila euro a testa per le parti offese. Il suo legale, l’avvocato Gianbattista Scalvi, ha già annunciato ricorso in appello.

Gli altri due imputati bresciani saranno in aula il prossimo 28 ottobre per il processo con rito abbreviato.

 

 

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