Jobs Act, scontro a distanza Renzi-Landini

Il Leader della Fiom: "Nè il Pd nè il Governo rappresentano i lavoratori". Il premier: "Non cambio passo".

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(red.) Il confronto è a distanza. Da una parte, le anticipazioni del libro di Bruno Vespa. Dall’altra, l’intervista a in ½ Ora di Lucia Annunziata. Ma le parole di Matteo Renzi e quelle di Maurizio Landini descrivono una frattura netta.
Il presidente del Consiglio, in visita questo lunedì alla Palazzoli di Brescia per l’assemblea degli industriali di Aib, evento che ha suscitato un vespaio di polemiche con corollario di manifestazioni sindacali,  blinda il Jobs Act anche alla Camera. «La delega non cambierà rispetto al passato», ha annunciato il presidente del Consiglio.
Il leader della Fiom risponde sostenendo, con altrettanta chiarezza, che «gli interessi dei lavoratori non sono rappresentati» né dal Governo né dal Pd e che Renzi «contro il lavoro non va da nessuna parte».
Il messaggio del premier guarda all’iter parlamentare della riforma del lavoro e alle potenziali ‘defezioni’ all’interno della sua maggioranza. «La delega sul lavoro alla Camera non cambierà rispetto al Senato. Alcuni dei nostri non voteranno la fiducia? Se lo fanno per ragioni identitarie, facciano pure. Se mettono in pericolo la stabilità del governo o lo fanno cadere, le cose naturalmente cambiano».
Poi, Renzi si rivolge direttamente ai suoi oppositori. «Se qualcuno dei nostri vuole andare con la sinistra radicale che ha attraversato gli ultimi vent’anni, in nome della purezza delle origini, faccia pure: non mi interessa. E’ un progetto identitario fine a se stesso e certo non destinato a cambiare l’Italia. Lo rispetto, ma non mi toglie il sonno. Il sonno me lo tolgono le crisi industriali, i disoccupati, la mancanza di peso nella lotta alla burocrazia, certo non Vendola o Landini».
E il leader della Fiom risponde alla sua maniera, con un fiume di parole appassionate che non gli fanno perdere la lucidità necessaria per spiegare le sue ragioni e, almeno sul piano sostanziale, le sue intenzioni. La premessa è che «gli interessi dei lavoratori non sono rappresentati», né dal Governo né da Pd. «Gli interessi delle persone che per vivere devono lavorare e che in questo Paese sono ancora la maggioranza non sono oggi l’interesse generale di questo Paese e non sono dentro alle politiche del Governo», sottolinea Landini. E non sono dentro alle politiche del Pd: «Allo stato attuale mi pare proprio di no perché il segretario del Pd è anche premier. Le sue politiche non stanno andando verso più tutele, più diritti, meno precarietà, un rilancio degli investimenti», rileva ancora il leader della Fiom.
C’è quindi uno spazio che deve essere necessariamente riempito, mettendo insieme tutte le istanze del mondo del lavoro. «Voglio unire il mondo del lavoro, raccogliere fiducia sulla mia piattaforma, voglio cambiare le politiche di questo governo», scandisce. Anche perché il presidente del Consiglio, «mai eletto dal popolo per fare quel mestiere», contro il lavoro «non va da nessuna parte».
Landini, quindi, torna ad escludere un suo impegno diretto in chiave anti-Renzi. «Non scendo in politica», ribadisce, per poi aggiungere: «io voglio continuare a fare il sindacalista, voglio però che sia chiaro che a me di fare la minoranza non me ne frega proprio nulla. Voglio rappresentare le persone». E per cambiare un Paese «lo devi governare, non devi stare all’opposizione».
Il segretario generale della Fiom guarda soprattutto al confronto sui temi concreti. «A noi non ci interessa fare l’opposizione. Abbiamo fatto delle proposte su tutti i temi perché bisogna fare politiche economiche e sociali diverse e aprire un confronto e un conflitto con l’Ue, far ripartire gli investimenti, combattere la precarietà. Chi è d’accordo con queste posizioni le sostenga: noi ci vogliamo battere».
L’obiettivo è quello di costringere Renzi al dialogo. «Vogliamo conquistare un tavolo, un confronto, che oggi il Governo ci nega perché siamo dei soggetti rappresentativi. L’unico modo per far cambiare idea al Governo è dimostrargli, a differenza di quello che pensa, che noi abbiamo la maggioranza dei consensi e che contro il lavoro lui non va da nessuna parte»
Il leader della Fiom, che nelle prime settimane di governo di Renzi è stato un interlocutore del premier, parla anche della svolta ‘anti lavoro’ impressa alla propria azione dal premier: «Ha fatto una scelta, rimettendo al centro l’articolo 18, che tende a riaprire un conflitto nel Paese». Una scelta che va anche oltre le regole. «Il Governo si è messo d’accordo con Confindustria e Confindustria deve sapere che se segue la linea dei licenziamenti, della riduzione dei salari, non avrà vita facile perché noi non ci fermeremo», avverte Landini, spiegando le modalità del ‘suo’ sciopero generale, in attesa di quello della Cgil, che sarà articolato con due manifestazioni: una a Milano il 14 novembre che riguarderà il Nord e il Centro-Nord e una a Napoli il 21 novembre che riguarderà il Sud e il Centro-Sud. E’ la risposta, conclude Landini, di fronte a «una crisi industriale da paura. Siamo di fronte a licenziamenti collettivi, di massa».

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