Stamina, «Regione difenda Spedali Civili»

Lo chiedono Sara Valmaggi e Umberto Ambrosoli della commissione Sanità al Pirellone. «Risolvere lo stato confusionale».

(red.) «La Regione Lombardia non può determinare ulteriori confusioni che generano false speranze nei malati» e deve «proteggere» gli Spedali Civili di Brescia nell’ambito del caso Stamina.
A dichiararlo sono la vicepresidente del Consiglio lombardo Sara Valmaggi (Pd) e il coordinatore del centrosinistra in Regione Umberto Ambrosoli, entrambi componenti della commissione Sanità dell’aula regionale. L’assessore alla Salute Mario Mantovani ha rifiutato l’offerta di Marino Andolino di praticare lui stesso le infusioni di Stamina. I due esponenti del centrosinistra hanno commentato: «Bene per il no ad Andolina, ma si continua nella peggiore tradizione e si scaricano le responsabilità. E l’assessore Mantovani fa appello ad eventuali medici della sanità lombarda che volessero rendersi disponibili a fare le infusioni di Stamina, visto il rifiuto dei medici degli Spedali Civili». Tuttavia «la richiesta di Mantovani e le posizioni costantemente ondivaghe e poco chiare della Giunta, evidenziano la difficoltà a nascondere l’errore originale dei responsabili della sanità lombarda che hanno aperto le porte o lasciato aprire le porte degli Spedali Civili alla Stamina Foundation».
Adesso, aggiungono Ambrosoli e Valmaggi, questo ‘appello’ ai medici fatto da Mantovani «dovrebbe essere sostituito con l’annuncio che Regione Lombardia si rende finalmente disponibile a supportare gli Spedali Civili di Brescia in quei procedimenti» che, a causa dell’assenza di contraddittorio, «generano ordinanze inconcepibili, che si appoggiano proprio sulla colpa originale dei vertici della struttura sanitaria».
Invece di «perdere tempo dietro improbabili annunci di collocamento», la Regione deve attivarsi «in tutte le sedi per proteggere senza ulteriori perdita di tempo gli Spedali Civili».
«La Regione può risolvere lo stato confusionale, e deve evitare di ingenerare ulteriori speranze infondate nei malati e nei loro famigliari», concludono Ambrosoli e Valmaggi.

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