Province addio, si va verso l’abolizione

Un emendamento della manovra prevede che "decadano alla scadenza naturale". La Cgia di Mestre ha calcolato che si risparmieranno 510mln di euro all'anno.

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(red.) Cambia la norma sulle province: un sub-emendamento alla manovra, approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, corregge la formulazione dell’emendamento presentato dal governo che prevedeva la decadenza per gli organi in carica delle amministrazioni provinciali entro il 31 marzo 2013 in vista della riforma stabilita dalla manovra. La scadenza non sarà quindi anticipata e per gli organi provinciali che dovevano essere rinnovati in primavera non si andrà più al voto ma saranno nominati dei commissari ad acta.
Le sei province che avrebbero dovuto rinnovare i propri organi in primavera saranno commissariate.
“Agli organi provinciali che devono essere rinnovati prima della scadenza del termine” del 31 marzo 2013, si legge nel testo, si applica l’articolo 141 del decreto legislativo 267 del 2000 ‘Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali’.
L’emendamento, spiega la relazione, “precisa la natura delle funzioni assegnate e stabilisce un termine più congruo per gestire il mutamento normativo, confermando il livello statale di definizione dei meccanismi elettorali”.
“Le Regioni a statuto speciale”, spiega il testo, “adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni” previste dalla manovra “entro sei mesi dall’entrata in vigore” del decreto. Tali disposizioni “non trovano applicazione per le Province autonome di Trento e di Bolzano”. Per l’applicazione della norma che prevede che la titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a titolo esclusivamente onorifico e non può dare luogo ad alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza, l’emendamento del governo stabilisce che tale disposizione si applica “a decorrere dal rinnovo degli enti” previsti.
Si fa dunque più concreto (e vicino) l’addio all’ente Provincia di Brescia, come già emerso nelle scorse settimane.
Intanto, il 21 dicembre l’Upi, l’Unione delle Province d’Italia, ha fissato a Roma un’assemblea straordinaria dei presidenti delle Province ”per prendere alcune decisioni importanti contro la volontà del governo Monti di cancellare i nostri enti”: lo ha annunciato il presidente dell’organizzazione Giuseppe Castiglione, aggiungendo che ”al termine dei lavori chiederemo di incontrare il Capo dello Stato Giorgio Napolitano per evidenziargli un problema grave per l’assetto futuro delle nostre istituzioni”.
Ma quale risparmio apporterebbe la cancellazione di questa istituzione pubblica? Il calcolo è stato effettuato dalla Cgia di Mestre secondo cui si ridurrebbe la spesa annua di cica 510 milioni di euro. A fronte di un costo complessivo annuo che supera di poco i 13 miliardi di euro, l’eventuale chiusura di tutte le realtà provinciali assicurerebbe un risparmio annuo del 3,9% del totale della spesa, pari, in termini assoluti, a poco meno di 510 milioni di euro.
Per Brescia è stato calcolato un risparmio annuo pari a circa 600mila euro.
“E’ un dato”, ha spiegato Giuseppe Bortolussi, segretario dell’organizzazione, “che non deve stupire: l’abolizione delle Province farebbe risparmiare, nel breve periodo, solo le voci di spesa riguardanti i costi della politica e quelle legate al funzionamento della macchina amministrativa. Per contro, le competenze oggi in capo alle Province e, soprattutto, i relativi costi di gestione e del personale, andrebbero, probabilmente, spalmate sulle Regioni ed i Comuni che si accollerebbero le funzioni delle Amministrazioni provinciali cancellate”.
La Cgia spiega che, dall’abolizione delle province delle Regioni a statuto ordinario, deriverebbe un risparmio di 421 milioni di euro. Oltre 88, invece, sarebbero i milioni di euro risparmiati se si guardassero i costi delle realta’ provinciali che si trovano nelle Regioni a statuto speciale: da queste ultime vanno escluse la Valle D’Aosta, Regione senza Province e le due ubicate nel Trentino Alto Adige.
Infine, andando ad analizzare i dati regione per regione, si va da un minimo del 2,11% di risparmio sul totale di spesa per il Friuli Venezia Giulia (in termini assoluti pari a 10,6 milioni di euro), a un massimo dell’8,97% per la Sardegna, con un risparmio di quasi 35 milioni di euro. (Sono in tanti a chiederne l’abolizione, ma la ‘sparizione’ per decreto delle Province italiane farebbe risparmiare allo Stato non più di 510 milioni di euro l’anno: il 3,9% del costo complessivo attuale, pari a 13 miliardi di euro. Questo perchè, ha calcolato la CGia di Mestre, che ha escluso dalla simulazione le Province autonome di Trento e Bolzano, è immaginabile che le competenze oggi in capo a questi enti e i relativi costi di gestione verrebbero spalmati su Regioni e Comuni.
Fermento dunque anche al Broletto dove, appresa la notizia del nuovo emendamento del Goevrno Monti si sono sollevate obiezioni, anche sulla effettività rilevanza delle azioni che, d’ora in poi, il Consiglio provinciale porterà avanti.
La notizia è giunta a Molgora e ai consiglieri mentre si stava discutendo la vendita di alcune partecipazioni detenute dal Broletto, in particolare la cessione di alcune quote della Centrale del Latte e della Fiera di Montichiari.
Il presidente della Provincia non si è espresso, in attesa di ulteriori valutazioni anche in sede di partito, ma è evidente che il problema c’è e sulla vicenda gli esponenti delle istituzioni daranno battaglia. Così come già annunciato dal presidente del Piemonte, Roberto Cota che, con la Giunta, farà ricorso alla Corte Costituzionale contro l’articolo 23 della manovra che ”di fatto azzera le Province”. L’iniziativa è stata concordata con i rappresentanti delle otto Province piemontesi, riuniti martedì a Torino.
”E’ incostituzionale e viola le competenze delle Regioni”, ha spiegato Cota.

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