Valsabbina e armi, “banca rispetta le regole“

Tre riviste cattoliche hanno chiesto all'istituto di credito di chiarire la sua posizione sui rapporti con RMW Italia che produce armi per Arabia Saudita.

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(red.) La Banca Valsabbina ha rapporti con la R.W.M. Italia che produce ed esporta armi e bombe all’Arabia Saudita? Se lo chiedono tre riviste cattoliche che hanno pubblicato una lunga lettera. “E’ tempo di fare chiarezza sui rapporti tra Banca Valsabbina e R.W.M. Italia, azienda che produce ed esporta all’Arabia Saudita le micidiali bombe della classe MK 80: sono ordigni che vengono impiegati dall’aeronautica militare saudita in bombardamenti che hanno devastato diversi centri abitati in Yemen. L’esportazione di queste bombe è all’attenzione pubblica da oltre due anni e per questo abbiamo deciso di scrivere una lettera aperta alla Banca.

Chiarire alcune questioni che riguardano la responsabilità sociale d’impresa di Banca Valsabbina relativamente ai finanziamenti alla produzione di sistemi militari ed ai servizi che la Banca concede alle aziende del settore per esportare materiali d’armamento con particolare riferimento alle operazioni bancarie svolte da Banca Valsabbina per conto dell’azienda R.W.M. Italia S.p.A.”. A scrivere la missiva sono padre Mario Menin direttore di “Missione Oggi”, padre Efrem Tresoldi direttore di “Nigrizia” e padre Alex Zanotelli di “Mosaico di pace”. “Banca Valsabbina ha assunto una serie di operazioni, effettuate negli anni scorsi prima dalla S.E.I. S.p.A. e più recentemente da parte di R.W.M. Italia S.p.A., diventando uno degli istituti di credito di riferimento della R.W.M. Italia S.p.A. per svolgere operazioni bancarie relative ad incassi e pagamenti per esportazioni e importazioni di materiali d’armamento”.

Si tratta di operazioni che fino a qualche anno fa erano tutte documentate al dettaglio e facilmente reperibili nella Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armamenti ma che, a partire dalla Relazione consegnata alle Camere dal governo Berlusconi nel maggio del 2008, è diventato difficile ricostruire: le tre riviste, insieme alla Rete italiana per il Disarmo, hanno ripetutamente chiesto ai vari governi che si sono succeduti di ripristinare tutte le informazioni che sono fondamentali affinché il Parlamento possa esercitare il ruolo di controllo che gli compete. “A fronte degli scandali che negli anni ottanta coinvolsero diverse aziende ed anche alcune banche – dice Zanotelli – attivammo un’ampia campagna di sensibilizzazione nazionale che portò il Parlamento nel luglio del 1990 a varare la legge 185 sul controllo dell’esportazione di armamenti italiani.

Una legge che è sempre stata osteggiata da quei settori del mondo militare, imprenditoriale e bancario che avrebbero preferito continuare a fare affari di morte coperti dal segreto di Stato in vigore dai tempi del fascismo. Anno dopo anno, facendo pressioni sul mondo politico, hanno cercato di rendere inefficace la legge soprattutto sottraendo quelle informazioni che permettono il controllo da parte delle nostre associazioni”. I tre direttori chiedono ai vertici di Banca Valsabbina di “sospendere da subito, anche a fronte di eventuali penali, tutti i finanziamenti e i servizi disposti da Banca Valsabbina alla produzione e all’esportazione di materiali militari e di armi comuni verso paesi in conflitto armato ed i cui governi siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate dalle associazioni internazionali accreditate alle Nazioni Unite”.

“I bombardamenti dell’aeronautica militare saudita sulle zone abitate da civili in Yemen – dice padre Tresoldi – sono stati oggetto di un’indagine di un comitato di esperti delle Nazioni Unite che lo scorso 27 gennaio ha inviato al Consiglio di Sicurezza un dettagliato rapporto che documenta, tra l’altro, l’impiego di bombe prodotte dalla R.W.M. Italia da parte dell’aeronautica militare saudita per bombardare città e aree abitate da civili in Yemen. Questi bombardamenti sono espressamente vietati dalle convenzioni internazionali e pertanto, come evidenzia il rapporto, possono costituire crimini di guerra. E’ indegno che il governo italiano continui ad autorizzare l’esportazione di questi ordigni: è uno sfregio alla nostra Costituzione che sancisce il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

I direttori chiedono alla banca di “assumere l’impegno di definire al più presto un Codice di responsabilità sociale che espliciti i princìpi di responsabilità sociale che Banca Valsabbina si impegna ad attuare ed i servizi bancari che la Banca intende proseguire, limitare o porre a termine con le aziende produttrici di materiali d’armamento e di armi comuni, con particolare attenzione ai servizi che intende concedere alle aziende per l’esportazione di tali prodotti”. “Siamo fiduciosi – dice padre Menin – che Banca Valsabbina intenda seguire le migliori pratiche messe in atto da numerosi istituti di credito italiani e anche bresciani. Non dobbiamo dimenticare che il territorio bresciano è stato capace non solo di convertire ad uso civile una delle aziende più tristemente famose nel mondo per la produzione delle micidiali mine antipersona, ma anche di accogliere le istanze di molte associazioni per promuovere anche nel settore imprenditoriale e bancario percorsi di sviluppo sostenibile, di cooperazione internazionale, di solidarietà e di pace”.

La campagna di pressione alle “banche armate” è stata promossa in occasione del Grande Giubileo del 2000 dalle riviste Missione Oggi, Mosaico di pace e Nigrizia per favorire il controllo attivo dei cittadini sulle operazioni di finanziamento all’industria militare e al commercio di armi. Da allora, la Campagna sta costantemente monitorando le direttive che gli istituti di credito italiani ed esteri hanno emanato nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa soprattutto per quanto riguarda i servizi alla produzione e all’esportazione di sistemi militari”.

Ma alla lettera ha replicato l’istituto di credito. “In riferimento a commenti nell’ambito della campagna ‘banche armate’, Banca Valsabbina intende chiarire che adotta delle regole precise per l’implementazione di servizi bancari di conto corrente ad aziende del settore armiero, come ad esempio la verifica preventiva che le operazioni commerciali siano dotate di tutte le autorizzazioni previste dalla legge – si legge in una nota.- Il rapporto in atto con RWM Italia si riferisce esclusivamente alla normale attività di conto corrente, e la banca conferma che non vi sono in atto, non vi sono mai state, né vi sono allo studio altre operazioni quali ad esempio quelle di finanziamento”.

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