Attivisti denunciati: “Siamo tranquilli”

In trentasei hanno ricevuto la notifica di chiusura delle indagini preliminari. "La questura ha costruito tutto: vogliono solo spaventare giovani indisciplinati".

(red.) “Nonostante tutto, dormiamo sonni tranquilli”.
In una nota congiunta, Magazzino 47, Radio onda d’urto, Associazione diritti per tutti, Kollettivo studenti in lotta e Collettivo universitario autonomo commentano le notifiche, arrivate negli ultimi giorni dalla questura, sulla chiusura delle indagini preliminari a 36 militanti. I reati imputati riguardano i noti fatti accaduti durante il corteo del 28 maggio 2012, con la presenza in piazza della loggia del  ministro degli interni uscente Anna Maria Cancellieri, e nel corteo autonomo che nella giornata di mobilitazione europea contro le politiche  di austerità (14 novembre 2012).
“In quel caso”, scrivono gli attivisti, “il corteo fu ripetutamente caricato con particolare accanimento e  violenza dalle forze dell’ordine. Successivamente ad entrambe le occasioni, non tardammo nel fornire  dettagliatamente alla stampa la nostra versione delle dinamiche non  senza l’ausilio di filmati, fotografie e testimonianze. Non è nostra abitudine e non è nel nostro stile gridare al complotto o  stupirci per queste piogge di denunce: ci battiamo nella nostra  quotidianità contro un sistema politico, economico e sociale  profondamente ingiusto e lo facciamo serenamente, consapevoli del fatto  che questo si accanirà nei nostri confronti con ogni strumento a propria  disposizione. Non è questo il punto”.
Gli attivisti sostengono, invece, di non aver mentito sullo svolgimento dei fatti. “Buona educazione che sembra non essere passata da via  Botticelli. Più che una ricostruzione, infatti, sui verbali della questura compare una vera e  propria costruzione”. Il 28 maggio, precisano i militanti, il corteo studentesco fu caricato dalla polizia senza alcun motivo, al solo fine di ritardarne l’arrivo in  piazza, in corso Matteotti all’altezza dell’incrocio con via fratelli Bronzetti.
“In largo Formentone, invece, l’atto della questura fu,  simbolicamente, gravissimo: un corteo antifascista trovò davanti alla  propria testa un ingente dispositivo di forze dell’ordine ad impedirne l’ingresso sul  luogo della memoria”. Per quanto riguarda il 14 novembre, gli attivisti giudicano divertente la versione del vicequestore Emanuele Ricifari e del capo della DIGOS Giovanni De Stavola. “Come compare sui verbali il corteo  autonomo (le cui prime file erano composte prevalentemente da giovani e  giovanissimi) avrebbe caricato il cordone sanitario schierato dagli  agenti a protezione dell’ingresso della stazione ferroviaria. Ebbene nei  filmati è evidente che le cariche sono state ordinate per due volte dal  dirigente di piazza, ben prima che vi fosse contatto tra gli scudi dei  difensori della legge e le mani nude di giovani precari senza  futuro, poi tamburellati con vigore, anche quando ormai a terra.  Risultato: una ragazza con una microfrattura alla calotta cranica ed una  mamma con collare e trauma cranico”.
Secondo gli attivisti, vero obiettivo della questura sarebbe di spaventare giovani indisciplinati, più che ottenere qualcosa sul piano reale. “Niente vittimismi da parte nostra. Il tempo dell’indecisione  l’abbiamo superato e da che parte stare, ognuno di noi, l’ha scelto. Non  solo l’ha scelto, ma essendo gente di parola, l’ha sempre praticato. Stiamo con chi paga la crisi, con chi soffre le politiche di austerità,  con chi rischia di non avere un tetto sopra la testa, con chi vede il  proprio presente soffocato dallo strapotere della finanza ed il proprio  futuro negato dalla politica di palazzo, giorno per giorno. Tutto questo nella piena consapevolezza che i tribunali e le procure di  chi antepone la salvezza di banche e borse alle vite delle persone per  questo non ci lasceranno tregua. Nemmeno noi a loro, e nel frattempo la notte dormiamo beati e senza  incubi”.

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