Carceri, è scontro Cancellieri-Polizia

Sul decreto legge varato dal governo per alleggerire la presenza dei detenuti nelle case circondariali. "Camere di sicurezza inadeguate, mancano i mezzi".

(red.) Sul decreto legge varato dal governo prima di Natale per alleggerire la presenza dei detenuti nelle carceri, scontro a sorpresa tra le forze di polizia e il governo.
Il vice capo della polizia Francesco Cirillo, davanti alla Commissione Giustizia del Senato, dove da mercoledì  è cominciato l’iter del provvedimento, ha attaccato una delle norme principali del dl: quella che prevede che siano rinchiusi nelle camere di sicurezza di questure e comandi gli arrestati in flagranza per i reati meno gravi sino alla convalida o sino al processo per direttissima senza passare dal carcere.
Una misura che eviterebbe le cosiddette ”porte girevoli”, l’ingresso in carcere di circa 21mila persone all’anno che oggi restano in cella per non più di tre giorni. Ma che il vice di Manganelli fa a pezzi: sono ”poche” le camere di sicurezza, hanno un costo ”molto alto”, non garantiscono la ”dignità” di chi è obbligato a soggiornarvi e polizia e carabinieri non sono organizzati nè attrezzati per la custodia degli arrestati. Conclusione: ”i detenuti stanno meglio nelle carceri”.
Parole che sorprendono e hanno provocato la reazione stizzita del ministro della Giustizia Paola Severino: quelle norme sono state ”concordate totalmente” con il Viminale e con i vertici della polizia. Una tesi che nel tardo pomeriggio è stata pienamente confermata dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, che ha usato le stesse parole della collega, sconfessando così di fatto il vice capo della polizia.
Immaginata come un’audizione di routine (doveva essere inizialmente ”informale”, cioè non pubblica, e breve, mentre si è dilatata a tutta la mattinata), quella di Cirillo ha invece l’effetto di scuotere la Commissione Giustizia.
Le affermazioni del ”numero due” della polizia, che parla in veste di vice direttore generale della Pubblica sicurezza, e dunque a nome di tutte le forze dell’ordine, sono pietre: le camere di sicurezza agibili sono 1057, ma quasi tutte inadeguate ai nuovi scopi, visto che non garantiscono i requisiti ”indispensabili per la dignità delle persone: non è assicurata l’ora d’aria, non c’eè il bagno interno nè prevista la divisione tra uomini e donne”.
E adattarle costa troppo: a Torino per ristrutturarne cinque sono stati spesi 450mila euro; e poi occorrerebbero maggiori stanziamenti per vitto e pulizia, visto che i fondi l’anno scorso si sono fermati a 300mila euro, oltre che più uomini per polizia e carabinieri, i cui organici sono fermi al 1989.
Il prefetto ha bocciato anche i braccialetti elettronici, parlando di ”bilancio assolutamente negativo” della sperimentazione ed ironizzando sui costi: ”se fossimo andati da Bulgari avremmo speso meno”.
Tagliente la replica del ministro Severino, al suo arrivo in Commissione: le norme in discussione sono state ”totalmente concordate con il ministero dell’Interno, in piena condivisione con i vertici di Polizia”. Le stesse parole che Cancellieri affida più tardi a un comunicato in cui fa presente che si è arrivati a una decisione condivisa ”dopo aver valutato sia le condizioni delle infrastrutture sia l’aggravio di lavoro per le Forze di polizia che si sono fatte carico responsabilmente di questo ulteriore compito”.
Intanto, il relatore del provvedimento Alberto Maritati (Pd) ha annunciato che presenterà un emendamento per dare la possibilità alla polizia di decidere se l’arrestato in flagranza debba essere condotto in camera di sicurezza o in carcere o in alternativa agli arresti domiciliari.
La Commissione intende comunque approfondire la questione e martedì prossimo ascolterà il capo del Dap Franco Ionta; solo se la capigruppo calendarizzasse per il 17 gennaio il provvedimento in aula, concluderebbe i suoi lavori la prossima settimana.
Del resto il problema del sovraffollamento delle carceri italiane è cosa nota: sono più di 68.144 i detenuti nelle 206 case circondariali della Penisola che potrebbero ospitarne non più di 45.654. L’overbooking è di oltre 23 mila unità: una situazione considerata esplosiva.
Il 42% dei detenuti è in attesa di condanna definitiva. Una buona fetta (il 36% del totale) è rappresentata da stranieri: sono 24.638, di cui 23.452 uomini e 1186 donne. I detenuti imputati, secondo gli ultimi dati diffusi dal ministero di via Arenula, sono 28.324, dei quali 14.482 in attesa di primo giudizio. I condannati definitivi sono 38.133. Grazie alla legge cosiddetta ”svuota carceri” approvata nel novembre del 2010, sono 4.102 i condannati con un anno di pena residua che hanno lasciato il carcere per andare in detenzione domiciliare.
Celle che scoppiano in Puglia (84%), Marche (83,9%), Emilia Romagna (75.6%), Friuli (75,1%) e Lombardia (74%). Il carcere con il maggior tasso di sovraffollamento è quello di Lamezia Terme (183%), seguito da Brescia (177%), Busto Arsizio (162%), Como (150%) e Ancona (145%), dove è esplosa l’ultima rivolta.
Allarmante il dato dei suicidi e dei morti negli istituti di pena. Nel 2011 66 detenuti si sono tolti la vita e 924 sono stati i tentativi di farla finita in cella. Quaranta le risse che si sono verificate in 28 istituti. Gli episodi di aggressione al personale penitenziario ammontano a 291 con un totale di 394 feriti (389 poliziotti penitenziari, 3 medici e due infermieri).
Il totale dei morti in carcere è invece di 186: oltre ai 66 suicidi, 23 per cause ancora da accertare, 96 per cause naturali e un omicidio. Secondo i dati delle associazioni per la tutela dei diritti dei carcerati, in tutti gli istituti nei quali si è registrato più di un suicidio nel 2011 il tasso di sovraffollamento è stato superiore alla media nazionale pari al 150%.

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