Acqua malata, a giudizio Garda Uno

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    acquagialla.jpgIn tribunale i vertici del consorzio. Nel 2009 duemila persone colpite da epidemia.


    acqua rubinetto.jpg(red.) È iniziata giovedì l'udienza preliminare davanti al giudice Francesco Nappo per il presidente, il direttore generale e il responsabile di Garda Uno, la società che gestisce l'acquedotto del paese gardesano (leggi qui).
    I vertici del consorzio sono chiamati a rispondere dell’epidemia di gastroenterite che nel 2009 colpì 2mila persone a San Felice del Benaco, conseguenza dell’acqua infetta dell’acquedotto (leggi qui).
    Gli esperti hanno accertato che i malesseri furono provocati da alcuni microrganismo patogeni, il clostridium perfrigense e norovirus, trovati nell'acqua dell'acquedotto (leggi qui).
    Per epidemia colposa, distribuzione di alimentari adulterati e per lesioni colpose la procura ha rinviato a processo Mario Bocchio, 55 anni, presidente di Garda Uno, Franco Ricchetti, 62 anni, direttore generale e procuratore speciale di Garda Uno e Mario Giacomelli, 56 anni, dirigente responsabile (leggi qui). Giovedì, davanti al gup Francesco Nappo, è iniziata l'udienza preliminare.
    Una quarantina, tra cui il comune di San Felice, i soggetti che si sono costituiti parte civile nel processo, 23 cittadini hanno sporto denuncia e altri residenti albergatori e ristoratori del paese chiedono di essere risarciti. L’epidemia provocò dissenteria in centinaia di persone, molte dovettero ricorrere alle cure mediche, tra cittadini e villeggianti (leggi qui).
    Per il sostituto procuratore Leonardo Lesti i responsabili dell'acquedotto comunale agirono con negligenza, imperizia e imprudenza nella gestione della rete idrica comunale, pur sapendo che l’acquedotto era malandato, come testimonierebbe la (tardiva) decisione di mettere a bilancio un intervento ad hoc, rimasto poi solo sulla carta.
    Secondo il pm i microrganismi patogeni, con accurata prevenzione, potevano essere individuati nelle incrostazioni interne ed esterne, ma anche nei prelievi d'acqua, nei filtri e nell'acqua del rubinetto.
    La procura avrebbe appurato che l'impianto era arrugginito, la clorazione utilizzata era insufficiente ed era assente un trattamento contro le tossine prodotte dalle alghe.
    Questo si verificò, sempre secondo l’accusa, perché in azienda non esisteva una figura professionale competente in grado di interpretare le variazioni dei dati delle analisi e di accertare il rischio per la popolazione che attingeva l’acqua dai rubinetti e dalle fontanelle pubbliche.
    L’udienza è stata aggiornata al 13 gennaio, quando le parti torneranno in aula.

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