Hina: non fu delitto religioso

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    hina.jpgLa Cassazione ha motivato la condanna a 30 anni al padre della ragazza uccisa nel 2006. 


    (red.) Sono state depositate le motivazioni della sentenza di conferma alla condanna definitiva a 30 anni per il padre di Hina, la 21enne di origine pakistana sgozzata e sepolta nel giardino di casa da Mohammed Saleem con l'aiuto degli zii della ragazza.
    “Un patologico e distorto rapporto di possesso parentale e non “motivi religiosi e culturali” spinsero l'uomo ad uccidere la figlia Hina.
    In questo modo la Cassazione spiega perché il 12 novembre scorso ha deciso di confermare la condanna a 30 anni di reclusione inflitta dalla Corte d'Assise d'Appello di Brescia a Mohammed Saleem, il padre della giovane uccisa nell'agosto del 2006 a Sarezzo, in provincia di Brescia perché “viveva all'occidentale” (leggi qui) .
    Nella sentenza numero 6587 della Prima sezione penale si legge che “La motivazione dell'agire è scaturita da un patologico e distorto rapporto di possesso parentale, essendosi la riprovazione furiosa del comportamento negativo della propria figlia fondata non già su ragioni o consuetudine religiose o culturali, bensì sulla rabbia per la sottrazione al proprio reiterato divieto paterno” e "nell'atteggiamento spesso intimidatorio e violento di costui nei confronti della figlia che non sottostava ai suoi voleri e rivendicava margini di autonomia".
    Per questo, la Suprema Corte afferma di condividere le motivazioni dei giudici d'appello, che hanno negato attenuanti al padre di Hina, concesse, invece, ai cognati della ragazza, condannati, in primo grado a 30 anni (leggi qui) e in via definitiva a 17 anni.
    I giudici di piazza Cavour hanno anche condiviso la sentenza d'appello con la quale veniva disposta una provvisionale, come risarcimento danni, a favore del fidanzato della ragazza uccisa, Giuseppe Tampini, con cui Hina aveva instaurato una convivenza per circa un anno.
    In proposito, la Suprema Corte parla di un "sostegno economico-morale assicurato dal Tempini a Hina" e riconosce la "intrapresa comunanza di vita" che “attestano un'esatta applicazione dei principi di diritto da parte della Corte di merito con una motivazione immune da sospetti di manifesta illogicità”.

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