Il quartetto d’archi di Cremona incanta al Festival Michelangeli

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di Anna Peroni

La sonorità di un quartetto d'archi è assolutamente inconfondibile: la pienezza dei suoni come fosse un solo strumento polifonico, il tripudio delle dinamiche musicali dove i piano e i forte sensibilmente si alternano, le parti solistiche che spiccano al suo interno luminose e puntuali. Si tratta di quattro sensibilità che giocano ad amalgamarsi e, quando tutto funziona, si avverte la sensazione di stare in riva al mare; è un'onda continua che, a seconda dell'intensità della forza che la spinge, si infrange più o meno violentemente o dolcemente sulla sabbia. Lo scorrere degli archi in siffatta sincronia, è qualcosa di travolgente che dà il senso dell'infinito e che porta ad una tranquilla introspezione. Ci vuole attenzione per ascoltare un quartetto d'archi poiché solo così si riesce ad percepire il tutto e il singolo quasi contemporaneamente: per un attimo senti il calore della viola che sinuosa si fa strada nell'onda sonora, subito raggiunta dal primo violino che spesso cavalca quest'onda e ti ritrovi a provare a seguire la sola voce, ad esempio, del violoncello per scoprire quale sia il suo vero contributo allo splendore che ne risulta.
Quando si ascolta un quartetto d'archi di rara bravura tutto questo si manifesta chiaramente e l'immaginario si trasforma in realtà. Ieri sera per il Festival Pianistico Arturo Benedetti Michelangeli di Brescia e Bergamo è successo; era di scena, ospite per la prima volta, il Quartetto di Cremona (Cristiano Gualco, Paolo Andreoli, Simone Gramaglia e Giovanni Scaglione) che semplicemente ha saputo magnetizzare l'atmosfera con le intense performance snocciolate nell'esecuzione dei Quartetti in la minore op.132 e in si bemolle Maggiore op.133 di Ludwig van Beethoven.
E' stato quindi possibile farsi affascinare dal "Molto Adagio" del 132, rarefatto – ma non per questo inespressivo dilatato e al limite della percezione uditiva, magico e ipnotizzante; o farsi trascinare dai tempi allegri, scherzosi o pervasi da una veemente verve dettata dalla intesa perfetta dei componenti.
La difficilissima "gran fuga" finale del 133, dal ritmo incessante e persecutorio, ha registrato qualche incertezza d'insieme (confessata prima del bis dal primo violino), ampiamente perdonata dal pubblico entusiasta. La ciliegina sulla torta (il bis) è stata l'esecuzione di una fuga di Bach tratta dal "Clavicembalo ben temperato" e trascritta per quartetto da Wolfgang Amadeus Mozart. Una serata da ricordare.
Martedi 15 maggio alle ore 20,45 sarà la volta dell'Orchestre National de France diretta da Kurt Masur che eseguirà la Sinfonia n.5 in do minore op.67 di Beethoven e la Sinfonia in Do Maggiore D 944 "La Grande" di Franz Shubert.

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