A2A, Comuni d’accordo per snellire la governance

Brescia vota con Milano per la distribuzione del dividendo, che porterà in cassa 22 milioni a testa, ma si lamenta. "Troppo modesta, non risponde alle attese".

(red.) I Comuni di Brescia e Milano, azionisti di controllo di A2A, promettono collaborazione per migliorare la governance della multiutility, i cui patti di sindacato sono in scadenza a fine anno. Il termine per la disdetta, invece, è il 30 giugno: la palla, insomma, è in mano ai sindaci di Brescia e Milano.
“L’intenzione del sindaco Del Bono è di collaborare con il Comune di Milano per uno snellimento della governance e una maggiore sobrietà ed efficienza della macchina”,  ha detto Patrizia Serena, dirigente del settore partecipate del Comune di Brescia, in rappresentanza di Del Bono, nel suo intervento all’assemblea di A2A, che si è tenuta nella mattina di giovedì 13 giugno. “Anche per il Comune di Milano la volontà di collaborare è molto forte, con obiettivi di efficienza dell’azienda e sobrietà”, ha ribadito Pierfrancesco Maran, assessore all’Ambiente di Milano. Entrambi i Comuni hanno approvato la distribuzione del dividendo che porterà nelle casse dei due enti 22 milioni a testa. Ma Brescia non ha mancato di far notare il suo disappunto per l’ammontare della cedola. “Preannuncio il voto favorevole, prendendo atto del modesto dividendo che non risponde alle attese del Comune” ha spiegato Serena.
Riguardo allo snellimento della governance, il presidente del consiglio di sorveglianza, Pippo Ranci, ha affermato che “il buon funzionamento della società non ci esime dall’auspicare una semplificazioni della struttura di governo ed esprime fiducia nell’operato degli azionisti. Ribadiamo”, ha aggiunto, “la piena disponibilità ad essere d’aiuto”. Sul fatto che il modello duale possa essere messo in forse, dopo l’elezione di Del Bono, secondo Ranci, “il tema è competenza degli azionisti, noi condividiamo la valutazione di una possibilità e auspicabilità di mutamento verso un modello più leggero e maggiormente efficiente. La scelta è degli azionisti, noi siamo disponibili ad aiutare”.
Ranci, rispondendo ai soci, ha spiegato che “non sono previsti aumenti di capitale e aggregazioni e non sono previsti licenziamenti. Stiamo fronteggiando anche situazioni occupazionali difficili con strumenti sopportabili così da avere il consenso rappresentanti dei lavoratori” ha detto Ranci.
Pronto a fare un passo indietro, Graziano Tarantini, presidente del consiglio di gestione di A2A, qualora la fiducia del Comune di Brescia venisse meno. Se il neo sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, non dovesse confermare la fiducia “sicuramente” rimetterei il mandato, ha detto dopo l’assemblea di A2A, confermando che a breve lo incontrerà. “Qualora avvertissi una sorta di raffreddamento o di non fiducia non ostacolerò il cambiamento e non mi appiglierei a strumenti giuridici perché la fiducia è cosa troppo seria”.
Tarantini, nominato dalla precedente giunta guidata da Paroli, ha difeso la bontà della sua gestione e la sua “autonomia” dalla politica “dimostrata con i fatti” come accaduto “in tema di dividendi”. Quello di rimettere il mandato è comunque “un problema che non sento”. “Con il sindaco ci incontreremo a breve, discuterò, cercherò di essere convincente su quello che penso della società, l’azionista avrà le sue idee e se coincidono si andrà avanti”. In caso di ‘sfiducia’, Tarantini ha comunque escluso di fare causa all’azienda come fece Renzo Capra (vincendo) dopo essere stato rimosso prima della fine del mandato dal precedente sindaco di Brescia, Adriano Paroli, che lo sostituì con Tarantini.
“Non farei mai un’azione di questo tipo, voglio troppo bene all’azienda”. Tarantini ha difeso il suo operato sia come presidente della sorveglianza, dove ha raccolto la “difficilissima eredità” di Capra, sia come presidente del consiglio di gestione, contribuendo ad eliminare “l’altissima litigiosità” tra i due consigli “che bloccava l’azienda”, rivendicando “un ruolo significativo” nella soluzione del riassetto di Edison e invece ‘smarcandosi’ dall’acquisto di Epcg in Montenegro sui cui “dal punto di vista industriale ho sempre avuto dei dubbi”. Tra i suoi meriti anche quello del piano industriale di novembre “approvato all’unanimità” e seguito dopo tre settimane da un’emissione obbligazionaria da 500 milioni di euro che ha avuto una richiesta “di 4 miliardi, pari all’intero nostro debito”, a riprova, secondo tarantini, della fiducia dei mercati nella solidità dell’azienda.

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