Lettere al direttore

Cgil Brescia: «Sindacato da cambiare, sindacato per cambiare»

Nelle ultime settimane ho partecipato a numerose assemblee di base nei luoghi di lavoro, prima per il congresso provinciale Cgil poi per la consultazione in corso sull’accordo sulla rappresentanza.
Non entro nel merito di tale accordo, rispetto al quale ho già manifestato tutte le mie perplessità, voglio invece soffermarmi sui tanti interventi di critica nei confronti del sindacato, nessuno escluso, fatti da lavoratori e lavoratrici. Critiche che sono arrivate in luoghi di lavoro nei quali noi, come organizzazione, siamo presenti e che mi interroga su quale è la percezione del sindacato in quelle situazioni, molte, nelle quali nemmeno ci siamo. Queste assemblee mi hanno confermato la crescente sfiducia che c’è tra i lavoratori e le lavoratrici, anche nei confronti del sindacato confederale. Le difficoltà della rappresentanza non sono problema solo sindacale, riguardano anche  partiti, associazioni professionali e di categoria. C’è una società liquida e frammentata direbbero alcuni, e sempre più difficile è la possibilità di rappresentarla.
La crisi in atto da diversi anni non aiuta, anzi. Dal 2008 a oggi, a Brescia, la disoccupazione è passata dal 3,5% all’8,6 percento, le ore di cassa integrazione sono cresciute da 8 a 50 milioni all’anno, decine di migliaia di persone hanno sempre più difficoltà a pagare affitti, mutui, bollette del risaldamento; e se le persone stanno peggio anche il sindacato ha la sua parte di responsabilità.
La crisi si intreccia con una crisi di rappresentanza che ha una storia lunga. Di sicuro, per noi come sindacato, urge una riflessione. I modelli Renzi e Grillo hanno tante insidie ma contengono anche elementi di novità e di rinnovamento della politica da non sottovalutare. Servono più democrazia e partecipazione nelle scelte, richiesta emersa con grande forza nelle assemblee svolte in questi giorni, unico vero antidoto ai decisionismi facili e ai sondaggi on line. Servono anche idee forti su crescita sostenibile e occupazione.
Il dibattito sulle regole nel mercato del lavoro non scalda sicuramente i cuori nel momento in cui c’è una continua erosione di posti di lavoro e si offrono solo lavori precari e sottopagati. Sembra, questo dibattito, un continuo lanciare la palla in tribuna per evitare di affrontare i nodi. Citiamo spesso l’Europa al momento di tagliare il welfare, ma ce ne dimentichiamo su altre cose  e ci scordiamo che siamo uno dei pochi Paesi senza  norma sul salario minimo. E così per il  reddito di cittadinanza, che non può essere elemosina ma riconoscimento della necessità di reddito per milioni di persone che hanno lavori frammentati. Vale per l’oggi e anche per il domani pensionistico di queste persone. Molti di questi temi interrogano anche il nostro modo di fare e pensare il sindacato, in alcuni casi significa anche mettere  in discussione alcuni nostri capisaldi.
Sono però passi necessari da fare, a meno che non si voglia recitare stancamente il copione di un sindacato che si lamenta perché non è convocato ai tavoli o che si compiace del numero di tessere senza comprendere che non riesce più a rappresentare la complessità del mondo del lavoro. Nei nostri uffici vertenze incrociamo sempre più di frequente situazioni di lavoratori costretti a lavorare per 3-4 euro all’ora, spesso con garanzie e tutele prossime allo zero in caso di malattia o altro, il lavoro nero è piaga diffusa e fenomeni che si avvicinano al caporalato sono presenti anche nella nostra provincia. Le riforme sulle pensioni, la frammentazione e la non continuità lavorativa lasciano immaginare un futuro ancora più disastroso per molti lavoratori e lavoratrici.
Ripartire da questi temi, interrogarci su come riunificare il mondo del lavoro partendo da piattaforme rivendicative chiare è compito del sindacato, dei sindacati, se non vogliamo rassegnarci a rappresentare nemmeno troppo bene solo una parte del mondo del lavoro. Di questo dobbiamo discutere con Cisl e Uil, convinto di non essere stato il solo a rimanere colpito dalle tante critiche che ci sono state rivolte nelle assemblee di queste ultime settimane. Più che la verticalizzazione verso l’alto, serve una maggiore orizzontalità. Non solo al momento della contrattazione nei luoghi di lavoro, ma tenendo conto soprattutto dei tanti lavoratori e lavoratrici che oramai sono fuori sia dai contratti nazionali che da quelli aziendali, da soli e in balia del mercato. Pensare a queste situazioni, immaginare un futuro di cambiamento sostenibile è compito del sindacato, di un sindacato che non teme il cambiamento ma agisce e mobilita speranze di trasformazione dell’esistente.

Damiano Galletti segretario generale Camera del Lavoro di Brescia

 

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