Lettere al direttore

«Brescia, Polizia Locale: cambiare il Regolamento»

Egregio Direttore,
partiamo pure da alcuni fatti di cronaca – stravaganti o sconcertanti che siano –  implacabili come una canicola estiva.  Ma per arrivare poi alla questione politicamente più rilevante, che intenderei porre, ovvero la modifica del Regolamento della Polizia Locale (approvato nel giugno del 2009), che porta l’inconfondibile segno leghista dell’allora assessore, Fabio Rolfi.
In quanto ai fatti alludo, per esempio, alla recente multa comminata al pensionato, venditore di libri in corso Palestro, su  cui opportunamente è intervento il sindaco Del Bono. Ma, risalendo indietro negli anni, alla multa di 260 euro data in via Milano a due operai che, fuori da una pizzeria, senza disturbare bevevano due birre o quella affibbiata ad una donna marocchina che era seduta sul gradino della Bell’Italia in Piazza Loggia. Fatti strani che ritroviamo in verità non soltanto a Brescia. Basti pensare alla vicenda del “coprifuoco” sul consumo notturno dei gelati, su cui giorni fa è inciampato il sindaco Pisapia con la sua Ordinanza.
A dimostrazione degl’insidiosi effetti dei colpi di sole, anche a notte fonda.
Fatti e protagonisti (meteoropatici, si direbbe) tra loro diversi, ma che in ogni caso rinviano allo stesso problema: quello di regole scritte con i piedi o come fossero bandiere da sventolare per la propaganda. Regole, queste, che danno non una maggiore sicurezza, ma solo un di più di confusione, di paure e d’incertezza. Spesso fatte da incendiari che si mimetizzano da pompieri.
Alcune di queste norme assurde si ritrovano anche nel nostro Regolamento di Polizia e meritano d’essere cambiate. Per serietà e per meglio garantire la sicurezza dei cittadini. Risparmiando ai Vigili rischiose ed arbitrarie arrampicate interpretative…con relative e dolorose cadute!
Ma se, al di là d’un qualche fatto isolato (e criticato) in questi anni non s’è ecceduto, un merito va al Comando ed al Corpo della Polizia Locale che nella loro attività concreta si son mossi in generale con ragionevolezza maggiore di quella espressa da alcune norme che dovevano applicare. Consapevoli che talune di queste sfidavano pure il ridicolo.
Quando venne approvato nel giugno del 2009 il Regolamento della Polizia, l’allora assessore Rolfi si rese conto di tali distorsioni. Ma preferì allora brandire il bastone leghista della propaganda. S’impegnò, è vero, per una verifica del Regolamento ad un anno dalla sua approvazione. Ma nonostante reiterate sollecitazioni, tale verifica in quattro anni non s’è mai fatta. Ed il Regolamento è rimasto lo stesso. Con l’aggiunta dell’idea dei cancelli a chiusura dei vicoli in centro storico!
Mettendo a confronto gli articoli 7 e 23 sui vari divieti, in assenza oltretutto d’un chiaro criterio di distinzione tra aree verdi in zone abitate e quelle esterne ed in zona collinare, emergono situazioni troppo pasticciate. Inapplicabili.
In base a quegli articoli non è chiaro se è possibile o meno bere bibite passeggiando per la strada. Si potrebbe essere multati. Sull’intero territorio risulterebbe impossibile stendersi su una panchina in Castello o lungo il fiume del Mella, tutti i giochi (compresi quelli dei bambini!) dovrebbero essere sempre autorizzati, il consumo anche d’un semplice gelato sarebbe sanzionabile perché di sicuro nel centro storico si passa vicino “a edifici di valore monumentale”. E, in tal caso, ogni tipo di consumazione è vietato.  Vietato di fatto l’uso delle fontanelle. Vietato è pure mettere un tavolo per un picnic, non solo in un giardino urbano, ma pure in Maddalena! In quanto a sedersi su un gradino in zona storica comporta per tutti una multa. A meno che la donna marocchina sul gradino della Bell’Italia non la si sia voluta gratificare con la multa, ma solo per una questione di colore. E via via elencando.
Incongruenze ed assurdità che meritano d’essere rimosse. Insieme ad una modifica più ampia del Regolamento che sia tale da garantire meglio la sicurezza dei cittadini, il decoro di una città pulita ed accogliente.
Con regole chiare, applicabili e certe. Non con quelle furbe, fatte solo per voti sperati, ma – come Rolfi adesso ben sa – voti poi neppure incassati.

Claudio Bragaglio

 

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