Brescia, il ritorno dell’antimateria

I risultati dell’esperimento Asacusa potrebbero, in futuro, cambiare per sempre il modo di produrre energia. E c’è già chi pensa a Star Trek.

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(red.) Un primo fascio di antiparticelle è stato prodotto.  Il risultato della ricerca, pubblicato sull’autorevole rivista online Nature Communications, è il primo strumento concreto per studiare le proprietà della materia definita ”specchio”. Si tratta di un tipo di materia nella quale le particelle hanno la stessa massa, ma opposta carica elettrica rispetto alla materia ordinaria.
«Attorno a noi vediamo soltanto materia, ma non abbiamo mai trovato nemmeno un anti-atomo: dove sia finita l’antimateria è un mistero», ha affermato Luca Venturelli, della sezione di Brescia dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Venturelli, professore associato di Fisica sperimentale presso l’Università degli studi di Brescia, è coordinatore del gruppo italiano della collaborazione Asacusa, acronimo di Atomic Spectroscopy And Collisions Using Slow Antiprotons.
Il termine antimateria fu usato per la prima volta nel 1898 da Arthur Schuster  durante una speculazione sulla possibile esistenza di un sistema solare costituito di antimateria, in cui anche la gravità era di segno opposto, cioè repulsiva.
In fisica l’antimateria è l’insieme delle antiparticelle, ovvero delle particelle corrispondenti per massa a quelle che costituiscono le materia ordinaria, ma con carica di segno opposto.
Ad esempio, un atomo di “antidrogeno” è composto da un antiprotone caricato negativamente, attorno al quale orbita un positrone (antielettrone) caricato positivamente.
L’esperimento Asacusa, ora, dà per la prima volta la possibilità, ai fisici bresciani e non, di osservare da vicino una grossa quantità di antimateria.
L’esperimento potrebbe aiutare a  spiegare come mai, se al momento del Big Bang materia e antimateria si sono prodotte in uguali quantità, oggi viviamo in un mondo fatto di materia, mentre non resta più nulla dell’antimateria.
Questa disparità, che i fisici chiamano asimmetria, infatti, costituisce un vero rompicapo.
L’esperimento prevede che, all’interno di una sorta di tubo lungo tre metri e mezzo, i fasci di antimateria vengano prodotti e poi bloccati. In questo modo, i ricercatori sono riusciti a identificare 80 atomi di anti-idrogeno.
La difficoltà maggiore consiste nel tenere separate materia e antimateria perché, se si incontrassero, si annullerebbero a vicenda causando una gigantesca esplosione.
Le applicazioni future dei risultati raggiunti oggi profumano di fantascienza.  L’antimateria potrebbe infatti diventare una straordinaria fonte di energia, ma non  solo.  Potrebbe essere alla base di futuri sistemi di propulsione, come, ad esempio quelli dei motori delle astronavi interplanetarie come immaginati nella serie Star Trek.

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