Minori fragili, un aiuto da Fondazione Provinciale

Nonostante la crisi e il versamento di 40mila euro per l'Imu, anche per il 2013 i contributi a ragazzi diversamente abili, abbandonati o socialmente deboli.

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(p.f.) Famiglie bresciane sempre più in affanno, che si aggrappano alla speranza di un contributo che può consentire, anche se piccolo, di acquistare abbigliamento e cibo per i bambini.
Una situazione drammatica, rilevata dalla Fondazione Provinciale Bresciana per l’assistenza minorile, che, nata nel 1854, erogherà anche per il 2013 contributi a minori diversamente abili, abbandonati o socialmente deboli della provincia di Brescia. Per il bando 2012 sono stati messi a disposizione 59.940 euro. Alla scadenza, erano pervenute 170 domande da 100 soggetti (97 comuni, 3 enti territoriali). 82 le domande che sono state accolte e 109 i minori che beneficeranno di contributi che vanno dai 400 ai 1100 euro,  in aggiunta ai finanziamenti erogati dai comuni di residenza.
“Avremmo voluto dare di più”, ha spiegato il presidente Aristide Peli, “ma abbiamo dovuto far fronte a 40mila euro di Imu. In questi ultimi anni abbiamo notato una forte richiesta da parte delle famiglie italiane. Nel 2008, il rapporto stranieri-italiani erano di 60 a 40; nel 2010-2011 c’è stato il giro di boa, con un 50% di italiani. Ora siamo al 60% di richieste ed erogazioni a famiglie bresciane e un 40% dagli extracomunitari. Un dato che è indice di un disagio sicuramente molto diffuso”.
Lungo e difficile il lavoro di selezione delle domande da parte dei consiglieri della Fondazione. “Abbiamo valutato quali le criticità”, ha commentato Cinzia Grasso, consigliere, “eventuali disabilità, la rete famigliare. Abbiamo cercato di essere più generosi possibile soprattutto nelle famiglie numerose. Alcune domande, però, sono risultate poco pertinenti, per cui per i prossimi anni cercheremo di essere più severi nei criteri. L’obiettivo è di aiutare i giovani, ma attraverso il contributo ai minori si aiuta la famiglia”.
Per il prossimo anno, poi, la Fondazione si aspetta una maggiore collaborazione dai comuni, che, attraverso gli assistenti sociali, possono segnalare situazioni di grave disagio a cui far pervenire un aiuto. “Su 206 enti, abbiamo ricevuto solo 97 richieste”, ha sottolineato Claudia Carzeri, “non sappiamo se leggere questo dato come conseguenza di un incremento del lavoro svolto o come una scarsa attenzione a queste iniziative”. “Quello che rileviamo”, ha concluso Leonardo Peli, consigliere, “ che le esigenze dei minori sono cambiate. Non chiedono più un aiuto per studiare, ma per mangiare, per i vestiti, per le scarpe: esigenze, insomma, di sopravvivenza. E’ una cosa molto grave”.

 

 

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