Cala l’utile dell’acciaio, ma migliora la solidità delle imprese

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(red.) Nel 2020 è peggiorata ancora, per il secondo anno consecutivo, la redditività dell’acciaio. Dopo un 2019 già difficile, la crisi sanitaria ed economica ha provocato una contrazione degli indici di redditività della filiera siderurgica.
Di contro, la solidità del comparto è migliorata, facendo registrare i migliori risultati dell’ultimo triennio, con un minor indebitamento delle aziende del comparto. Si registra un modesto miglioramento, inoltre, anche per gli indicatori di liquidità.
È quanto emerge dallo studio Bilanci d’Acciaio 2021ideato dall’Ufficio Studi siderweb, realizzato in collaborazione con i professori Claudio Teodori e Cristian Carini dell’Università degli Studi di Brescia e sponsorizzato da BPER Banca, Coface e Regesta. L’analisi valuta la situazione reddituale, finanziaria e patrimoniale delle imprese siderurgiche nazionali attraverso la lettura e l’interpretazione dei dati dei bilanci di esercizio del triennio 2018-2020.
«I bilanci che presentiamo in questa tredicesima edizione sono quelli dell’esercizio 2020, l’anno più duro della pandemia, che ci ha dato solo un assaggio dei complessi problemi con i quali ci dovremo confrontare sempre più spesso. Abbiamo bisogno di un pensiero lungo che generi un cambio di passo e di paradigma e che produca azioni concrete, come ad esempio la realizzazione di piani di lungo periodo che integrino i budget di breve; l’inserimento di giovani e donne nei posti di comando e nelle prime linee; una rinnovata attenzione verso R&S, innovazione e sostenibilità. E ancora ulteriori investimenti nella formazione e nella comunicazione; una digitalizzazione spinta e una maggior managerializzazione; la creazione di alleanze collaborative con fornitori e clienti nella consapevolezza che solo INSIEME riusciremo a vincere le sfide che ci attendono» dice Emanuele Morandi, presidente di siderweb.

 

FATTURATO E REDDITIVITÀ IN PEGGIORAMENTO – I bilanci complessivamente analizzati sono oltre 5mila e coprono l’intera filiera siderurgica: produzione di acciaio e prima trasformazione, centri servizio, distribuzione, commercio di rottame e ferroleghe, taglio e lavorazione della lamiera, utilizzatori di acciaio.
Il 2020 è stato un anno contraddistinto da un netto calo del giro d’affari del comparto. La causa è riconducibile a due fattori: il calo dei volumi per il blocco dell’attività economica imposta dal governo, specialmente in primavera; la riduzione del prezzo medio annuo di vendita dei prodotti, avvenuta nonostante il recupero di fine 2020.
Il fatturato totale delle imprese della parte alta della filiera siderurgica (utilizzatori esclusi) nel 2020 è stato di 44,145 miliardi di euro (-14,7% rispetto al 2019). Il valore aggiunto è stato pari a 6,195 miliardi di euro (14,0% del fatturato), mentre l’Ebitda è stato di 2,536 miliardi di euro (-29,9%). L’utile si è fermato a 546 milioni di euro (-50,0%).
«Il settore dell’acciaio, come molti altri, ha risentito della pandemia, anche se il peggioramento della situazione economica era percepibile fin dagli ultimi mesi del 2019. La dimensione più colpita è per forza di cose la redditività, con indicatori che, nel complesso, non sono soddisfacenti. Certamente meglio la solidità, anche se il miglioramento di alcuni indicatori nel 2020 non deve essere accentuata. Nel triennio, il comparto che raggiunge sempre la posizione relativa migliore è il taglio e lavorazione della lamiera, con risultati adeguati sia nella redditività sia nella solidità. Nel 2020 il commercio di rottame e ferroleghe migliora il suo posizionamento, soprattutto grazie alla redditività. I centri servizio sono connotati da stabilità nella redditività e da una manchevole solidità, che li porta a collocarsi ampiamente sotto la media; la distribuzione mostra una posizione relativa in modesto miglioramento, soprattutto a causa della redditività. Colpisce, nel 2020, il forte regresso della produzione, dovuto a una preoccupante redditività in calo» spiega Claudio Teodori, docente dell’Università degli Studi di Brescia.

 

LE PREVISIONI PER IL 2021 E IL 2022 – Nel 2021 il comparto delle costruzioni, che assorbe circa il 35% del consumo di acciaio, è atteso in crescita del 21,6% in Italia (dopo un calo dell’8,1% nel 2020) e del 6,2% in Unione europea. Il segno più rimane anche per il 2022: +3,2% in Italia e +4,5% in Ue.
Più deciso, stando all’analisi di Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb, il recupero atteso per l’automotive: nel 2021 +9% in Ue e +22,3% in Italia; nel 2022 rispettivamente +12,9% e +10%.

 

IL SENTIMENT DELL’ACCIAIO TRA PANDEMIA E PNRR – In collaborazione con BPER Banca, siderweb ha sottoposto un questionario a un campione rappresentativo della filiera dell’acciaio nazionale (circa 100 imprese, appartenenti prevalentemente a tre comparti: 35% produzione, 25% centri servizio, 21% distribuzione). Le domande hanno riguardato le attese per i risultati di bilancio 2021 e le prospettive per il 2022. Ecco quanto è emerso.
Fatturato: Nel 2021, il 90% prevede un aumento del fatturato, di cui poco meno di un terzo superiore al 50%. Nel 2022 si assiste a un rallentamento dello sviluppo: il 35% pensa di stabilizzare il giro d’affari; solo il 37% intravede un’ulteriore crescita.
Risultati economici: Nel 2021, il 90% prevede un incremento del risultato economico, in un quarto dei casi superiore al 100%. Nel 59% dei casi l’incidenza dell’Ebitda sul fatturato è inferiore al 10%. Solo un decimo delle imprese ha un valore più che soddisfacente, superiore al 15%.
La situazione non migliora nel 2022: calano le imprese che si attendono un ulteriore incremento del risultato economico (59%) e aumentano quelle che si preparano a un calo (39%).
Investimenti: Il 54% ha confermato o incrementato (23%) i budget. Il primo posto è occupato dagli investimenti in nuova tecnologia e innovazione.
PNRR: Il 68% indica di attendersi un impatto soddisfacente o molto soddisfacente.
Costi di materie prime e trasporti: Quanto ai costi delle materie prime, il 42% delle imprese dichiara incrementi sopra il 50%; il 37% tra il 30 e il 50%. Quanto all’andamento futuro, la percezione è di forte preoccupazione: il 58% ritiene che vi sarà una riduzione dei costi, ma una parte dell’incremento sarà consolidato; solo il 10% sostiene che la crescita sia temporanea, con ritorno alla situazione preesistente.
Per i costi di trasporto, il 49% ritiene che una parte del rincaro rimarrà; il 40% non presume significativi cambiamenti per il 2022.

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