Covid, la missione russa a Brescia fu tentativo di spionaggio?

Sotto la lente il contingente sanitario russo che, nella prima ondata pandemica, arrivò a Bergamo e Brescia per sanificare le Rsa e gli ospedali. Si sospetta che le mire fossero altre, ovvero le aerobasi militari di Ghedi e Amendola.

Brescia. Quali furono i veri obbiettivi della missione “Dalla Russia con amore” che portò alcuni medici e sanitari russi, accompagnati da militari, a Bergamo e Brescia durante la prima ondata pandemica nel 2020?
Il dubbio che quella russa non fosse soltanto un’operazione “umanitaria e sanitaria” ma nascondesse, in realtà, attività di spionaggio e per la quale l’ex premier Giuseppe Conte è finito nell’occhio del ciclone, si fanno sempre più insistenti.  Nella nostra provincia, per esempio, durante le ore di lavoro è stato sempre rispettato l’ordine di tenere i russi a chilometri di distanza dagli obiettivi sensibili come le installazioni della Nato, ma nessuno può essere sicuro che, durante il tempo libero quando circolavano liberamente, alcuni membri della delegazione si possano essere avvicinati alla base aerea militare di Ghedi per fare qualche fotografia dall’esterno.
Del resto, il dubbio è sorto anche in base all’esiguo numero di persone inviate,  28 medici, 4 infermieri e 72 militari, le quali avrebbero dovuto, in prima istanza, effettuare principalmente la sanificazione nelle Rsa e negli ospedali.
I sospetti aumentano in riferimento soprattutto, all’intervento che il contingente russo avrebbe dovuto effettuare nel Bresciano.
Come riferito al quotidiano Bresciaoggi da Gian Battista Turrini, presidente provinciale dell’ Ana, Associazione nazionale alpini, che era stata incaricata di organizzare il supporto logistico nella nostra provincia, i russi vennero bloccati da un ordine arrivato “dall’alto” e non poterono avvicinarsi ai paesi contigui all’aerobase militare di Ghedi, base del Sesto Stormo e aeroporto in cui, secondo il dossier Nato, sarebbero presenti alcune decine di testate nucleari.

Una notizia riportata anche da Il Corriere della Sera che ha pubblicato un articolo intitolato “Le basi di Ghedi e Amendola nel mirino dei russi: ci fu tentativo di spionaggio”, in cui vengono citate “fonti qualificate della Difesa e dell’Intelligence”.
“Che la Russia avesse già propositi ostili verso l’Occidente e stesse cercando elementi attraverso le missioni umanitarie per spiare la nostra difesa? Il dubbio non può restare in sospeso”. È il sospetto sollevato  dal vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia.
Il Governo, tramite il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e le Agenzie dei servizi hanno dichiarato che: “Da quanto si è appreso, la missione russa si sarebbe svolta esclusivamente in ambito sanitario con il compito di sanificare ospedali e Rsa e il convoglio si è mosso sempre scortato da mezzi militari”.
Per Adolfo Urso, presidente del Copasir “l’effetto propagandistico era evidente anche dall’hashtag #dallaRussiaconamore, ma non è stata solo la Russia a fare un uso propagandistico degli aiuti inviati, pensiamo anche alla Cina, che era la fonte del virus. Bisogna però tener presente che Russia e Cina hanno una chiara strategia volta a condizionare le democrazie occidentali anche con strumenti da “guerra ibrida””.

Anche il ministro della Salute Roberto Speranza è intervenuto sulla vicenda, rispondendo a un’interrogazione parlamentare di Italia Viva sulla missione degli scienziati e militari russi in Italia: “Mi limiterò a riportare solo gli elementi in mia conoscenza – ha detto in Aula Speranza – Il coordinamento degli aiuti, come quelli arrivati da numerosi altri Paesi, è stato gestito dalla Protezione civile”, ricordando che il team russo “è rimasto in Italia dal 22 marzo al 7 maggio ed era composto da 104 unità di cui 32 operatori sanitari, 52 bonificatori e poi personale di assistenza e di interpretazione linguistica”.

“Sono state costituite squadre miste con personale militare italiano – ha aggiunto – in coordinamento con i servizi sanitari della Regione Lombardia ed è poi stata attivata un’attività di disinfezione e bonifica delle Rsa del bergamasco. Per quanto riguarda le donazioni che sono giunte insieme al team russo la Protezione civile ha dichiarato di aver ricevuto 521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10mila tamponi veloci e 100mila tamponi ordinari”.

Tuttavia emergerebbe anche che il contingente russo avesse espresso la volontà di recarsi ad effettuare interventi di sanificazione in Puglia (dove all’epoca i casi di Covid erano ancora pochi), esprimendo la richiesta con la “venerazione”, da parte degli ortodossi, per San Nicola, patrono di Bari. I vertici della Difesa avrebbero però interpretato le richieste come invece una (celata) volontà di avvicinarsi ad Amendola, dove si trovano gli F35, aerei che dovrebbero arrivare anche nella base di Ghedi.
Dubbi sulla missione russa li ha espressi anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che ha parlato di una “missione ibrida, cioè che aveva diversi obiettivi. Uno era quello di dare aiuto, però certamente aveva anche una valenza propagandistica per il Paese che l’aveva promossa”.
Concreta anche la posizione del primo cittadino di Brescia, Emilio Del Bono, che vede più che altro le finalità propagandistiche della missione, ricordando come sia difficile avvicinare obiettivi strategici quando si è impegnati nella sanificazione di Rsa e case di riposo.

 

 

 

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